SACRA FAMIGLIA CON SANT
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CAVALIER D’ARPINO (GIUSEPPE CESARI)

SACRA FAMIGLIA CON SANT'ANTONIO DE PADOVA E ANGELO

Primo decennio del XVII secolo

olio su legno (cipresso)

42,2 x 32,8 cm

Inv.: 4511

Sul verso della tavola appare un sigillo di ceralacca con lo stemma della dinastia regnante in Toscana, gli Asburgo-Lorena, e un’iscrizione conservatasi frammentariamente: «AMM[INISTRAZI]ONE GEN. DELLE REGIE RENDITE». Il secondo timbro a stampa, con la scritta «COLLECTION DE TABLEAUX PAUL DELAROFF St. PETERSBOURG», appartiene alla collezione P.V. Delarov.

La Madonna è seduta a destra su un rialzo con il Bambino sulle ginocchia; accanto a lei, in piedi appoggiato al bastone, appare san Giuseppe. Sant’Antonio da Padova è raffigurato in ginocchio davanti alla Madonna, e dietro di lui è visibile un angelo. Sarebbe forse più esatto indicare il soggetto rappresentato come una visione del santo. Nel XVI secolo, dopo il Concilio di Trento, facendo seguito ai principi da esso scaturiti, nell’arte italiana si diffonde un certo numero di nuovi soggetti legati alla raffigurazione di estasi e visioni mistiche. Il santo sembra qui in atto di prendere fra le braccia il Bambino.

Prima che fosse acquisito dal museo, il dipinto era ritenuto opera di un artista anonimo; l’attribuzione attuale è stata stabilita dall’autrice del catalogo al momento della sua acquisizione da parte del museo.

L’appartenenza del quadro al Cavalier d’Arpino è confermata da numerose analogie stilistiche che si riscontrano in primo luogo in opere di piccolo formato, dipinte dall’artista per commissioni private. L’opera del Museo Puškin presenta una gamma coloristica rigorosamente monocroma che varia appena tra il grigio e il bruno con lumeggia ture dipinte a biacca. Nell’opera dell’artista sono presenti anche altri esempi analoghi di composizioni grisaille. Tra le più celebri va menzionata San Lorenzo tra i poveri e gli infermi (precedentemente nella collezione Shapiro a Londra), dipinta nel periodo giovanile come bozzetto per l’affresco del medesimo soggetto nella chiesa di San Lorenzo in Damaso a Roma (cfr. Röttgen 1973, pp. 68-71, n. 1, ill.).

Nel nostro dipinto l’impiego del monocromo permette all’artista di ottenere una fine gradazione di chiaroscuri e di concentrare l’attenzione sulla resa della forma plastica e del movimento. Le figure compatte ricordano un gruppo statuario vivente, e il movimento, che trova il suo centro ideale nella figura di Gesù Bambino ma unisce insieme tutti i partecipanti alla scena, sottolinea la loro affinità spirituale. La dimensione spaziale laconicamente abbozzata, con una profondità prospettica e la cortina che forma una sorta di baldacchino sopra la Madonna, fungono da complemento naturale alla scena principale. Nell’organizzazione di questa piccola composizione il Cavalier d’Arpino rivela doti di pittore monumentalista. Insigne esponente del tardo manierismo, Giuseppe Cesari, più noto come Cavalier d’Arpino, viene ritenuto a ragione una figura chiave nella pittura romana tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. L’artista nacque ad Arpino, una cittadina a sud di Roma, e il suo appellativo indica che era cavaliere dell’ordine di San Michele, titolo conferitogli dal re di Francia Luigi XIII. Acquistò ampia notorietà grazie alle sue pitture monumentali che decoravano chiese ed edifici pubblici di Roma, nonché palazzi dell’aristocrazia. Oltre a queste commissioni monumentali, nella sua opera hanno grande rilievo i quadri di piccole dimensioni, dipinti per il mercato. Proprio grazie al Cavalier d’Arpino questo genere pittorico, che in precedenza non era in uso a Roma, conquistò rapidamente consensi e popolarità. Oltre alle tele, l’artista dipingeva sovente su rame e legno, con grande sensibilità artistica e abilità nell’utilizzare le proprietà del materiale di base per raggiungere i più svariati effetti, mettendo in risalto la superficie levigata o, al contrario, la pastosità della pittura.

Il tipo di pittura che si riscontra nel quadro in esame esclude l’ipotesi che sia stato dipinto come bozzetto per una grande composizione. Opera di notevole livello artistico, è stata eseguita nel periodo della maturità dell’artista e può essere datata intorno alla metà del primo decennio del XVII secolo. Se ne conosce una copia su rame, pubblicata da Röttgen (2002, p. 379, n. 137) come originale dell’artista, ma più probabilmente dipinta dalla bottega. Röttgen (ibidem) pubblica anche un disegno preparatorio per questa tavola, ma di formato più largo, senza la figura dell’angelo e con il santo adorante identificato come san Francesco.

Lo stemma della dinastia degli Asburgo-Lorena, visibile sul sigillo di ceralacca sul verso, è stato introdotto all’inizio del governo di Pietro Leopoldo e si è conservato nel periodo tra il 1768 e il 1830 circa. Poiché i quadri del Cavalier d’Arpino non erano oggetto di particolare interesse da parte dei signori toscani, si può ritenere che il quadro del Museo Puškin si trovasse a Roma in uno dei palazzi che ospitavano istituzioni e rappresentanze ufficiali del granducato di Toscana.

Provenienza: All’inizio del XX secolo si trovava nella collezione P.V. Delarov a Pietroburgo; successivamente venne acquisito dall’accademico I.I.Meščaninov a Leningrado. Il Museo Puškin l’ha acquistato nel 1987 da E.V. Puzickij a Leningrado.

Mostre: 1997 Tokio-Tendo-Okazaki-Akita, cat. n. 1.

Bibliografia: Markova 1992, pp. 178-179, ill.; Cat. Museo Puškin 1995, p. 81, ill.; Markova 2002, I, pp. 140-142, n. 73; Röttgen 2002, p. 379; Boskovitz 2004, p. 117.

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