COMPIANTO SUL CRISTO MORTO CON FRATE CARMELITANO
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CIMA DA CONEGLIANO (GIOVANNI BATTISTA CIMA)

COMPIANTO SUL CRISTO MORTO CON FRATE CARMELITANO

Circa 1510

tempera, olio su tela (trasporto da tavola)

199 х 148 cm

Inv.: 2681

A tergo della tela appare la scritta: Trasferito dal legno su tela a S. Pietroburgo dal restauratore F. Tabuncov, 1859.

Il soggetto del «Compianto sul Cristo morto» è ampiamente diffuso nella pittura italiana d’epoca rinascimentale. Nel contesto evangelico questa scena segue immediatamente alla «Deposizione dalla croce», tanto che nella raffigurazione di entrambi gli episodi possono comparire i medesimi personaggi. Nel nostro quadro a piangere Cristo sono: Maria; alla sua sinistra un vegliardo con il turbante – Giuseppe d’Arimatea o Simeone; seguono quindi Giovanni Evangelista e Nicodemo; a destra appaiono Salomè oppure Maria di Cleopa, Maria Maddalena e un frate carmelitano con le braccia incrociate sul petto. Ai piedi della croce è visibile il teschio di Adamo. In lontananza sulla collina si vedono le torri del castello di Conegliano.

L’esame del quadro, in concomitanza con i lavori di restauro effettuati nel 1988, ha consentito di effettuare alcune deduzioni circa il supporto ligneo originario dell’opera, che doveva essere formato da tavole disposte in orizzontale. Il legno era molto danneggiato alle estremità, soprattutto lungo il bordo inferiore. Ciò fa pensare che all’atto di riportare la pittura su un nuovo supporto, il quadro venisse un po’ ridotto. Laddove vi sono lacune dello strato pittorico si osserva il disegno, tracciato in nero sul gesso.

Lo stato di conservazione dell’opera, non molto soddisfacente, l’ha un po’ svalutato agli occhi della critica contemporanea. Crowe e Cavalcaselle ocurato delle valutazioni ne dell', tracciato a gesso originario fu quasi completamente rimosso. d alcune conclusioni (1871; 1912) sono stati i primi a chiedersi se alla sua realizzazione non avessero partecipato aiuti del maestro: «This piece, transferred to canvas, is opaque either from restoring or from the employment of assistant by Cima himself». Questo parere ha influito sulla posizione di alcuni studiosi, in particolare Coletti (1959) e Menegazzi (1981), che ritenevano che il quadro fosse stato dipinto con l’intervento della bottega di Cima.

L’appartenenza dell’opera alla mano dello stesso Cima da Conegliano, invece, viene confermata non solo dal livello artistico dell’opera, ma anche dalla storia della commissione del quadro da parte del convento dei carmelitani di Venezia (Scuola di Sant’Alberto di Trapani, fondata nel 1401), narrata nel XVII e nel XVIII secolo da Marco Boschini, Anton Maria Zanetti e Maria Federici. Il frate carmelitano raffigurato nel quadro, secondo Humfrey (1988), sarebbe Sant’Alberto di Trapani.

Il primo a menzionare il quadro del Museo Puškin è Boschini: «Nel Capitolo, una tauola con nostro Signore, deposto dalla Croce nelle braccia della Vergine Maria, con le Marie, San Giouanni, San Nicodemo, San Simeone: opera di Battista da Conegliano» (Boschini 1664).

Un secolo dopo, ne offre una descrizione Zanetti: «Nel Convento de Carmini sotto primo chiostro conservasi una tavola di questo con Cristo morto in seno alla Madre, con le Marie, ed altri Santi» (Zanetti 1771).

Un’ultima volta, il dipinto viene ricordato da Federici: «...nel Capitolo dei Frati Religiosi la deposizione di Gesù Cristo dalla Croce nelle braccia di Maria, con le S. Donne, S. Giovanni, Nicodemo e Simone Cireneo ...» (Federici 1803).

Il motivo dominante nella composizione è il tema della croce. Cima assimila l’esperienza di Giovanni Bellini, nella cui opera i temi della Crocifissione e del Compianto funebre avevano trovato ampio sviluppo, esercitando un influsso sul formarsi di una ben precisa tradizione iconografica nell’ambito della pittura veneziana. Nel primo caso la croce con il Crocifisso domina sul paesaggio deserto circostante, mentre nel secondo la composizione presenta un gruppo di figure ritratte solo parzialmente, che piangono Cristo morto al centro. Nell’opera della collezione del Museo Puškin, per la prima volta Cima da Conegliano unisce insieme questi due tipi di raffigurazione e conferisce così al tema del Compianto un nuovo accento monumentale, rispondente al carattere della pala d’altare. Adolfo Venturi (1915) è stato il primo a richiamare l’attenzione sul legame tra il gruppo di figure della composizione moscovita e la tradizione della scultura emiliana in terracotta del XIV secolo. Humfrey (1983) mette in rilievo la somiglianza tra la testa di Giuseppe d’Arimatea e il san Sebastiano della pala d’altare a lui dedicata, dipinta nel 1507 per la chiesa di San Giovanni Crisostomo a Venezia. Come variante del «Compianto», alcuni studiosi citano un quadro della Galleria Estense di Modena (107 × 135; Cima da Conegliano 1962, N. 20, ill. 23). Questa ipotesi, a mio parere non acettabile, è sostenuta da vari autori. In primo luogo, il quadro di Modena, dove il gruppo di figure è rappresentato sullo sfondo del sepolcro, si collega a un altro momento della storia evangelica; in secondo luogo, venne dipinto per una commitenza privata, e non come pala d’altare; infine, dal punto di vista stilistico rispecchia un’altra fase nell’evoluzione artistica del maestro (Markova 1994).

Nel catalogo manoscritto di pittura italiana, conservato negli archivi dell’Ermitage, Liphart (1928) asseriva che il quadro era stato dipinto intorno al 1505. Nella bibliografia scientifica più recente compaiono datazioni diverse: Соletti (1959), lo attribuiva all’ultimo decennio del XV secolo; Hadeln (Tieme-Becker 1912), Fiocco (1912), Pallucchini (1944; 1962; 1980) lo ritenevano del 1505 circa; Burckhardt (1905), Berenson (1919; 1936; 1957), Lazarev (Lasareff 1957), lo datavano intorno al 1510, e questa datazione sembra la più corretta.

Provenienza: eseguito per il convento dei carmelitani a Venezia, era collocato nella sala del capitolo; nel 1799 lo acquistò dal monastero un certo Giraldon, un francese residente a Venezia, che nel 1856 lo vendette al conte S.G. Stroganov per 20.000 franchi; nel 1912 gli eredi del conte P.S. Stroganov ne fecero dono all’Ermitage (inv. GE 285); dal 1930 si trova al Museo Puškin.

Materiali d’archivio: Inv. Ermitage 1859, N. 7271; Liphart 1928, f. 292.

Bibliografia: Boschini 1664, p. 372; Boschini 1674, p. 47; Zanetti 1771, p. 63; Federici 1803, I, p. 224; Waagen 1864, p. 408; Crowe, Cavalcaselle 1871, I, p. 245 (forse, con la partecipazione di aiuti); Botteon, Aliprandi 1893, pp. 167-168; Burckhardt 1905, pp. 52, 122; Album Ermitage 1912, p. 281, ill.; Cat. Ermitage 1912, p. 204, N. 1965 (il numero si conserva in tutti i cataloghi dell’Ermitage fino al 1916); Liphart 1912, pp. 35-38, ill.; Crowe, Cavalcaselle 1912, I, p. 250 nota 6; Fiocco 1912, p. 298; Hadeln in Thieme-Becker 1912, VI, p. 595; L. Venturi 1912, pp. 132-133; Venturi 1915, VII/4, p. 508; Cat. Ermitage 1916, p. 132; Berenson 1919, p. 198; Van Marle 1935, XVII, p. 457 (come replica del quadro di Modena, appartenente alla coll. Pavel Stroganov); Berenson 1936, p. 126; Pallucchini 1944, p. 22; Berenson 1957, I, p. 65; Lasareff 1957, pp. 46-49, ill.; Coletti 1959, p. 75, 107, tav. 27 (forse, insieme ad aiuti); Cima da Conegliano 1962, p. 18; Pallucchini 1962a, p. 223; Rutteri 1963, p. 48; Pallucchini 1980, p. 216; Volpe, Lucco 1980, p. 134; Menegazzi 1981, pp. 36, 48, 96, 129, 130, fig. 141 (forse, insieme ad aiuti); Humfrey 1983, p. 129, tav. 151; Levinson-Lessing 1985, p. 238; Humfrey 1988, pp. 409, 421, fig. 9; Markova 1992, pp. 126-130, ill.; Markova 1994, pp. 153-156, ill.; Cat. Museo Puškin 1995, pp. 132-133, ill.; Pittura del Veneto 1996, pp. 54, 113 nota 185; Lucco in Pittura nel Veneto 1999, I, p. 54; Markova 2002, I, pp. 255-258, N.154.

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