ADORAZIONE DEI PASTORI
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GAROFALO (BENVENUTO TISI)

ADORAZIONE DEI PASTORI

Anni 1530

olio, con preparazione a tempera, su tela (trasposizione da tavola)

242 х 151 cm

Inv.: 208

Firma in basso a destra, su un sasso: BENVENV... GAROFALO.

In alto, sulla fascia sostenuta dagli angeli, compare la tradizionale scritta: GLORIA IN EXELSIS DEO.

Il bordo superiore del quadro è arrotondato.

Secondo il Vasari, la composizione venne dipinta da Garofalo nel 1507, poco dopo il ritorno da Roma, per la chiesa di Santo Spirito a Ferrara, dove essa rimase fino al 1819. Alla storia di quest’opera sono dedicate alcune righe della biografia dell’artista, in cui il Vasari riferisce: «... fece ... due altre, che furono poste nella chiesa di Santo Spirito; in una delle quali è la Vergine in aria col Figliuolo in collo, è di sotto alcun altre figure; e nell'altra, la Natività di Gesù Cristo. Nel fare delle quali opere ricor­dandosi alcuna volta d'avere lasciato Roma, ne sentiva dolore estremo, ed era risoluto per ogni modo di tornarvi...» (Vasari-Milanesi 1881, VI, p. 463).

Sebbene il dipinto appartenga a un periodo relativamente giovanile dell’attività di Garofalo, esso mostra una profonda conoscenza delle tradizioni della pittura classica rinascimentale: da un lato, l’esperienza leonardesca della pittura italiana settentrionale, dall’altro la lezione di Raffaello e Michelangelo che aveva appreso a Roma.

Successivamente al Vasari, il quadro viene menzionato da molti autori del XVIII-XIX secolo, in particolare da Brisighella (1991), nella sua descrizione delle opere artistiche di Ferrara: «Il quadro del­l'altare nella cappella del SS.mo su cui sta dipinta la Natività del Nostro Signore nel presepio, è opera del sopramentionato Garofalo».

È tanto più sorprendente che queste notizie siano rimaste sconosciute agli specialisti che hanno scritto su Garofalo, in particolare Neppi (1959) e Fioravanti Baraldi (1977), mentre Mezzetti e  Mattaliano asseriscono che il dipinto sarebbe andato perduto (Mezzetti, Mattaliano 1981). Nella sua monografia sull’artista, Fioravanti Baraldi (1977) scrive letteralmente: «... Non è possibile individuare con certezza la derivazione di questa grande pala che, tra l'altro appare opera di bottega per i modi semplificati e dimessi con cui viene interpretato il modello garofalesco, vicino allo stile del Maestro dei Dodici Apostoli». La studiosa esclude quindi che l’opera possa appartenere allo stesso Garofalo.

Nella chiesa di Santo Spirito il quadro era collocato nella cappella del Sacramento. Nel 1816 i frati a cui apparteneva la chiesa ottennero il permesso di vendere il dipinto per raccogliere il denaro necessario a eseguire alcuni lavori di ristrutturazione resisi indispensabili. La vendita del quadro ebbe luogo il 20 marzo 1818 (Lombardi 1974, II, р. 119); il compratore era il barone Camuccini di Roma (Boschini 1844, I, p. 364), che lo rivendette all’Ermitage.

Nell’ideazione dello sfondo vengono impiegati motivi architettonici che il Garofalo aveva visto a Roma. La raffigurazione della scalinata e dell’arco si incontra anche in altre opere dell’artista, in particolare in un quadro dello stesso soggetto, attualmente alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma (inv. 1266; Fioravanti Baraldi 1977, n. 171), che per livello stilistico è indubbiamente inferiore all’opera del Museo Puškin.

Secondo l’opinione espressa da Lucco (verbalmente, 1997), il dipinto sarebbe stato eseguito intorno al 1530. Una copia di piccole dimensioni, appartenente a Giacomo Bambini, si trovava alla Galleria Costabili (Laderchi 1840; Galleria Costabili 1871).

Provenienza: Nel 1819 il barone Camuccini di Roma lo acquistò dal capitolo della chiesa di Santo Spirito a Ferrara; nel 1840 fu acquistato tramite il principe Volkonskij (Pietroburgo) per l’Ermitage (nel cat. manoscritto Liphart è indicato: «il barone Camuccini lo vendette nel 1840 all’Ermitage»); dal 1924 si trova al Museo Puškin.

Materiali d’archivio: Scalabrini [1755], р. 88; Inventario Ermitage 1859, n. 2157; Liphart 1928, f. 416.

Bibliografia: Baratti 1770, р. 170; Scalabrini 1773, р. 175; Frizzi 1787, р. 82; Laderchi 1840, р. 4, n. 292; Boschini 1844, I, p. 364; Cat. Ermitage 1863, p. 21, n. 59 (il numero si è conservato in tutti i cat. Ermitage fino al 1916); Cat. Ermitage 1863, р. 17; Waagen 1864, p. 51, n. 59; Cat. Ermitage 1869, p. 27; Cat. Ermitage 1869, р. 27; Galleria Costabili 1871, p. 21, n. 278; Vasari-Milanesi 1881, VI, р. 46З; Penther 1883, p. 28, n. 59; Cat. Ermitage 1885, p. 27, n. 59 (il numero si è conservato in tutti i cat. Ermitage fino al 1916); Harck 1896, p. 419; Neustroev 1898, p. 45 (erroneamente, Adorazione dei magi); Cat. Ermitage 1916, p. 10; Berenson 1936, р. 187; Neppi 1959, рp. 37, 55, tav. 36 (erroneamente, lo si indica come appartenente all’Ermitage); Lombardi 1974, II, р. 119; Fioravanti Baraldi 1977, p. 164; Mezzetti, Mattaliano 1981, II, р. 114; 1983, III, p. 13; Levinson-Lessing 1985, p. 152; Brisighella 1991, рp. 458-459, 462, 653; Markova 1992, pp. 138-140, ill.; Fioravanti Baraldi 1993, pp. 237-238, n. 171а; Cat. Museo Puškin 1995, p. 92, ill.; Markova 2002, I, pp. 128-130, n. 65.

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