LORENZO LOTTO
MADONNA DEL LATTE
Sul verso della tavola in alto appare la scritta in inglese, eseguita con inchiostro di china nero: «Nothing can excel my sweet picture is undoubted by Lionardo da Vinci and only be compared with the cartoons to establish its genuineness and to be in his grand stile ... 1779», il numero di inventario 2394 dell’Ermitage del 1859, e il sigillo di ceralacca di Paolo I.
La Vergine Maria che allatta il Bambino Gesù (lat. Virgo Lactans), è la tipologia più antica di raffigurazione di Madonna con Bambino. Nella pittura di Venezia si incontra raramente.
Durante il restauro effettuato nel 1981 al Museo Puškin, sono stati asportati strati pittorici posteriori e la vernice finale scurita; sono così emerse, accanto alla rappresentazione della Madonna con Bambino, anche figure di angeli che prima del restauro erano completamente coperte dalla raffigurazione di una cortina verde.
Dalla scritta a tergo della tavola si deduce che il quadro si trovasse in Inghilterra, dov’era considerato opera di Leonardo da Vinci. Si può ritenere che la composizione fosse parzialmente ridipinta proprio nel XVIII secolo, prima del suo arrivo in Russia, forse per conferirle una maggior somiglianza con le opere del grande fiorentino. Nella scritta citata troviamo la data «1779», che ci consente di stabilire all’incirca l’epoca dell’ingresso del quadro nella collezione dell’Ermitage.
Fino alla metà del XIX secolo il quadro era inventariato all’Ermitage come opera di Leonardo da Vinci; successivamente Waagen (1864) lo attribuì a Cesare da Sesto. L’attribuzione a Lotto venne proposta da Cavalcaselle, che inserì il «quadro rovinato», collegato allora al nome di Cesare da Sesto, nel suo famoso saggio sulla storia della pittura nell’Italia settentrionale (Crowe, Cavalcaselle 1871; 1912: «...under the name of Cesare da Sesto, is a ruined picture still reminiscent of Lotto»). Da questo momento il dipinto viene citato praticamente in tutte le pubblicazioni dedicate all’opera del maestro.
Sulla datazione del dipinto sono stati espressi pareri diversi. Adolfo Venturi (1929) lo collega al periodo bergamasco del Lotto, mentre Berenson (1955) lo datava intorno al 1515. Questa posizione è condivisa da Caroli (1980). Boschetto (Banti, Boschetto 1953), Pallucchini (1965-1966), in un ciclo di lezioni tenute all’Università di Padova, e Mariani Canova (1975) lo datavano al 1518 circa; Bianconi (1955) agli anni 1518-1520.
Il restauro del quadro ha consentito di affrontare sotto una nuova angolatura il problema della datazione. Le analogie più prossime al dipinto si incontrano nelle opere di Lotto dell’inizio degli anni venti del XVI secolo, dipinte a Bergamo: Santa Caterina d’Alessandria della National Gallery di Washington (Berenson 1955, tav. 119-122, 133), e anche la pala d’altare Madonna con Bambino, angeli e santi della chiesa di Santo Spirito a Bergamo, dove le singole figure degli angeli in volo hanno molti elementi in comune con il quadro moscovita. Questo consente di ritenere che l’opera qui pubblicata venisse dipinta tra il 1522 e il 1523 (Markova 1981).
La formazione artistica di Lorenzo Lotto, veneziano operante in prevalenza fuori Venezia, è strettamente intrecciata a diverse tradizioni artistiche. Nel periodo giovanile, in particolare, il pittore nutriva un grande interesse per l’opera di Leonardo da Vinci, e il quadro moscovita ne è una evidente conferma. Il riferimento a Leonardo da Vinci si nota soprattutto nel gruppo della Madonna con Bambino, la cui compattezza contrasta con la raffigurazione degli angeli, che denota invece moltissimo l’indole «settentrionale» del talento del maestro e presenta un legame con l’arte del Correggio. Per Lotto, formatosi secondo le tradizioni pittoriche dell’Italia settentrionale, hanno un valore particolare la soluzione coloristica e un originale chiaroscuro, insolitamente attivo, che sembra scivolare lungo la superficie delle forme. È proprio il modo di intendere il chiaroscuro che distingue nettamente Lotto da Leonardo. Il nostro artista costruisce diversamente anche la composizione, ricusando di conferirle profondità spaziale e collocando invece la figura sullo sfondo di una cortina. Questo espediente ritorna in molte opere del Lotto, soprattutto del periodo giovanile (Ritratto del vescovo de’ Rossi, 1505, Museo di Capodimonte, Napoli; Ritratto di giovane con berretto, 1506-1508, Kunsthistorisches Museum, Vienna; Santa Caterina d’Alessandria, National Gallery, Washington, 1522).
Come variante o replica del quadro della collezione del Museo Puškin, e appartenente anch’essa alla mano del maestro, nella bibliografia scientifica è stata citata più volte una composizione della collezione Johnson a Filadelfia (inv. 194, Johnson Collection Cat. 1966, p. 44). In realtà, si tratta di una copia tardiva del quadro moscovita, dipinta ormai dopo che l’originale di Lotto era stato alterato con rifacimenti posteriori.
Provenienza: Nel XVIII secolo si trovava in Inghilterra; dopo il 1779 pervenne all’Ermitage; dal 1928 si trova al Museo Puškin.
Materiali d’archivio: Cat. Ermitage 1773, n 2105 (qui e successivo: Leonardo da Vinci); Cat. Ermitage 1797, N. 801; Inv. Ermitage 1859, N. 2394 (Cesare da Sesto); Liphart 1928, f. 653 (Lotto).
Mostre: 1973 Budapest, cat. p. 6, n. 9; 2001 Bergamo, cat., pp. 96-97, n. II.5.
Bibliografia: Cat. Ermitage 1774, p. 172, n. 2105 (numero scritto a mano; qui e di seguito: Leonardo da Vinci); Livret 1838, p. 43; Labensky 1838, p. 43; Viardot 1844, p. 468; Cat. Ermitage 1863, p. 25, n. 76 (qui e di seguito: Cesare da Sesto; il numero si è conservato in tutti i cataloghi dell’Ermitage fino al 1916); Waagen 1864, p. 56; Crowe, Cavalcaselle 1871, II, p. 532 (qui e di seguito: Lorenzo Lotto); Neustroev 1898, pp. 49-50; Harck 1896, pp. 426-427; Cat. Ermitage 1899, p. 69; Album Ermitage 1912, III, p. 133 ill; Crowe, Cavalcaselle 1912, III, p. 430; Venturi 1912, p. 11; Cat. Ermitage 1916, p. 11; Venturi 1929, IX/4, p. 40, fig. 32; Berenson 1936, p. 265; Banti, Boschetto 1953, n. 41; Berenson 1955, p. 48, tav. 88 (in tutte le pubblicazioni di questo autore il dipinto viene indicato come appartenente all’Ermitage); Bianconi 1955, p. 46, tav. 48A, ill.; Berenson 1958, pp. 103, 106; Pallucchini 1965-66; Mariani Canova 1975, p. 95, n. 55 (come appartenente all’Ermitage); Caroli 1980, pp. 258-259; Markova 1981, pр. 146-149, ill.; Bensi 1983-85, pp. 64, 96; Markova 1992, pp. 118-119, ill.; Cat. Museo Puškin 1995, p. 103, ill.; Bergamo-L’altra Venezia 2001, pp. 96-97, ill.; Markova 2002, I, pp. 159-161, n. 86.