BATTAGLIA DI ZAMA
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PITTORE ROMANO ULTIMO TERZO DEL XVI SECOLO

BATTAGLIA DI ZAMA

Ultimo terzo del XVI secolo

olio su tela

144 х 209 cm

Inv.: 3144

Sul recto, in basso a destra, è riportato in bianco il numero «255»; sul verso, in inchiostro di china nero appare lo stesso numero «255»; sul telaio sono visibili un sigillo di ceralacca e un’etichetta con testo del Museo Rumjancev.

È qui raffigurata la battaglia di Zama (202 a.C. circa), che determinò le sorti della seconda guerra punica, quando le schiere romane inflissero il colpo decisivo all’esercito di Cartagine (Tito Livio, Storia di Roma, XXX, 29-35).

Vi sono tutti i motivi per ritenere che la tela del Museo Puškin provenga dalla collezione del mercante berlinese I.E. Gockovskij, venduta a Caterina II. Viene infatti menzionata sotto il numero «255» nell’elenco dei «quadri più rilevanti» (Uspenskij 1913), come «Giulio Romano. Battaglia dei romani contro il re Pirro e gli elefanti. (Ripresa in un’incisione su rame e per questo assai celebre) (alt. 4 piedi e 8 pollici; largh. 6 piedi e 8 pollici; 3000 talleri imperiali)» (Stelina 1990, II, pp. 97, 145, nota 49). Nel 1854 per ordine di Nicola I il quadro fu venduto all’asta e acquistato da un privato (Vrangel’ 1913, p. 108).

Al Museo Puškin la tela è pervenuta come opera di scuola francese del XVIII secolo e fino al 1938 fu registrata nell’inventario del fondo ausiliario «B», dove si trovavano opere di valore secondario. Negli anni cinquanta fu iscritta nell’inventario principale, con il nome del Vasari con punto interrogativo, e il titolo Battaglia degli elefanti; successivamente è stata attribuita alla cerchia di Vasari e a un anonimo del XVI secolo. Zeri (verbalmente, nel 1974) ipotizzò che l’autore del quadro in esame fosse Marzio di Colantonio, detto Marzio Fiore, un discepolo del Cavalier d’Arpino che raggiunse una certa notorietà come autore di composizioni raffiguranti battaglie. Zeri citava come analogia un quadro della Walters Art Gallery di Baltimora (inv. 37.617).

Nel XVI secolo a Roma si osserva un grande interesse per la raffigurazione di scene di combattimenti che condurrà in seguito, nel XVII secolo, alla nascita di un genere autonomo in questo campo. I suoi principi fondamentali trovano la propria genesi nell’arte di Raffaello e di Giulio Romano, e si sviluppano nelle opere dei maestri della corrente manierista. Proprio a questa cerchia è strettamente collegato anche il quadro in esame.

La sua impostazione complessiva risale a una composizione andata perduta di Raffaello e Giulio Romano. Prova dell’esistenza di quest’ultima e della partecipazione di Giulio alla sua ideazione è il disegno da lui eseguito nel 1523-1524, nell’Ashmolean Museum of Fine Arts di Oxford (inv. R. II, 590; Giulio Romano 1989, pp. 262, 263, 265, ill.), raffigurante un elefante secondo quattro scorci prospettici. Vi è rappresentato dal vero un elefante di nome Hanno, donato alla corte Vaticana dal re del Portogallo. Durante la sua breve vita l’elefante riscosse l’interesse generale e fu al centro di svariate feste e cerimonie. Quando morì, lo stesso Raffaello gli dedicò un epitaffio in versi con tanto di ritratto. L’elefante divenne ben presto una leggenda, sue raffigurazioni comparvero in disegni e affreschi sia di Raffaello (disegno raffigurante i Baccanali, Albertina, Vienna, inv. 444), sia dei suoi discepoli, tra cui Giulio Romano che impiegò tale motivo nel disegno su carta Il trionfo di Scipione, ora nel Gabinet du dessins del Louvre (inv. 3524; Giulio Romano 1989, p. 170, ill.).

Il medesimo motivo si riscontra nella composizione di altre due opere nel Gabinet du dessins del Louvre (inv. 3717, 3718), che vengono generalmente collegate a un disegno perduto di Giulio Romano (Giulio Romano 1989, p. 91, ill.), oppure a una copia di un’opera di Raffaello che non ci è pervenuta (Oberhuber 1999, pp. 232-233). Tale composizione viene ripresa, ad esempio, in due acqueforti di Battista Franco raffiguranti elefanti (Bartsch 1818, XVI, 144, n. 75; 145, n. 80; Bartsch Ill. 1979, 32, p. 231, n. 75 - 144, ill.; p. 236, n. 80 - 145, ill.), e in un’incisione dell’olandese Cornelis Cort che riprodusse integralmente la composizione per due volte (Bartsch-TIB, 1986, 52, p. 227, n. 196 - 178, ill.; p. 228, n. 197 - 180, ill.). Sull’incisione eseguita nel 1567 compare la scritta: «EX ARCHETYPO RAPHAELIS URBINATIS / QUOD EST APUD THOMAM CAVALERIUM PATRICIUM ROMANUM / EXCUDEBAT ROMAE ANTONIUS LATRERIUS SEOVANI»; la composizione è qui eseguita secondo la struttura che si riscontra anche in uno dei disegni del Louvre (Massari 1993, pp. 204-207).

Proprio a questa incisione si rifanno, evidentemente, i motivi centrali del quadro della collezione del Museo Puškin. Tuttavia, oltre a piccole discordanze introdotte dall’autore nella parte centrale, si nota un ampliamento della composizione a destra e a sinistra, mediante l’aggiunta di nuovi gruppi di figure. Questi frammenti ci consentono di ritenere che l’autore del quadro fosse un pittore romano dell’ultimo terzo del XVI secolo. Era certamente legato alla cerchia del Cavalier d’Arpino, il cui contributo allo sviluppo del tema guerresco è indubbio, come vediamo ad esempio nelle pitture monumentali da lui eseguite per il palazzo dei Conservatori. In questa linea comune di sviluppo ha un suo posto anche l’anonimo autore della Battaglia della collezione del Museo Puškin. Singoli motivi dell’opera si richiamano alle scene di battaglia di Pellegrino da Modena.

Provenienza: Dalla collezione di I.E. Gockovskij, Berlino, nel 1764 passò all’Ermitage; nel 1854 per ordine di Nicola I venne venduto all’asta; fino al 1914 rimase nella collezione L.K. Zubalov, a Mosca; nel 1917 venne donato dal figlio L.L. Zubalov al Museo Rumjancev di Mosca; a partire dal 1924 passò al Museo Puškin, dove nel fondo B era contrassegnato dal numero «123»; fu trasferito nel fondo principale del museo nel 1938.

Materiali d’archivio: Cat. Ermitage 1773, n. 1470 (qui e di seguito: Giulio Romano, Battaglia degli elefanti); Cat. Ermitage 1797, n. 1039.

Bibliografia: Specification 1759, p. 3, n. 3 (Giulio Romano, Eine Battaille mit Elephanten); Cat. Ermitage 1774, p. 124, n. 1470 (qui e di seguito: Copia da Giulio Romano, Battaglia); Labensky 1838, p. 263, n. 62; Viardot 1844, p. 476; Uspenskij 1913, p. XLIX, n. 255 (qui e di seguito: Battaglia dei romani contro il re Pirro e gli elefanti); Vrangel’ 1913, p. 108; Stelina 1990, II, pp. 97, 145 nota 49; Markova 1992, p. 167, ill. (qui e di seguito: Maestro romano dell’ultimo terzo del XVI secolo); Cat. Museo Puškin 1995, pp. 114-115, ill.; Markova 2002, I, pp. 203-205, n. 116.

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