PAOLO VERONESE (PAOLO CALIARI)
MINERVA
Sul recto, in basso a destra, è visibile, in rosso, il numero di catalogo 490 dell’Ermitage del 1797; sul verso è stampigliato il numero di inventario 2481 dell’Ermitage del 1859.
Minerva, l’antica dea della saggezza e della guerra combattuta per la giusta causa, è qui rappresentata – conformemente alla tradizione – con l’armatura, la lancia, l’elmo e lo scudo. Era in coppia con una Diana, appartenente all’Ermitage (inv. Ermitage 167).
Nella collezione Crozat (nel cui catalogo si specificava che entrambe le opere erano dipinte su legno), e poi all’Ermitage e al Museo Puškin, la Minerva fu sempre ritenuta opera di Paolo Veronese. Anche Berenson (1932; 1957; 1958), e tutti gli autori di epoca successiva hanno attribuito il quadro al Veronese. Fa eccezione solo la posizione di Fiocco (1934), che era incline a ritenere autore dell’opera Benedetto Caliari, nipote e discepolo del maestro; nello stesso spirito si espresse Cocke (1977), che in una recensione alla monografia di Pignatti (1976), sostenne che la coppia costituita da Minerva e Diana era opera della bottega del Veronese.
Vertova (1952) ha proposto di associare alla coppia di quadri del Museo Puškin e dell’Ermitage anche l’Allegoria della pittura dell’Institute of Art di Detroit (inv. 36.30; Fredericksen, Zeri 1972, p. 39), che ha quasi esattamente le loro stesse dimensioni e poteva essere stata eseguita in seguito a un’unica commissione. Nei vecchi cataloghi dell’Ermitage i due dipinti venivano chiamati bozzetti. Successivamente è stata avanzata l’ipotesi che fossero collegati alle pitture murali di villa Maser (Piovene, Marini 1968), dove nel salone centrale, la sala a Crociera, sono raffigurate alcune «suonatrici», figure femminili con strumenti musicali. A quest’opinione si attennero anche Pignatti e Pedrocco (Pignatti 1976; Pignatti, Pedrocco 1991; 1995). Tuttavia molti studiosi, tra cui in particolare la Fomičeva in una serie di pubblicazioni (Fomičeva 1974b; Fomičeva 1992), hanno mostrato di non condividere tale posizione.
Analoghi motivi di figure femminili all’interno di nicchie sono ricorrenti nell’opera del Veronese e della sua bottega, e ne sono un esempio, in particolare, le allegorie monocrome della Misericordia e della Fede che appartengono alla collezione delle Gallerie dell’Accademia di Venezia (Moschini Marconi 1962, p. 92, nn. 145, 146, fig. 145, 146). Per quanto riguarda l’opera in esame, come pure il suo pendant che si trova all’Ermitage, attualmente è impossibile identificarli con opere dei cicli di affreschi o di tele monumentali di cui siamo a conoscenza, appartenenti al Veronese e agli artisti della sua cerchia.
All’inizio del XVIII secolo Minerva e Diana si trovavano probabilmente nella casa del dottor Curtoni a Verona, dove Dal Pozzo vide tra le altre opere del Veronese «Pallade, e Diana in piccole forme» (Dal Pozzo 1718). Schweikhart (1973), che attribuiva la Minerva al Veronese o alla sua cerchia, indicava una somiglianza fra essa e gli affreschi di Michelangelo Aliprandi e di Palazzo Miniscalchi a Verona; questa è una testimonianza ulteriore del fatto che il quadro si trovò per lungo tempo in questa città. Insieme a tutta la Galleria Curtoni, le opere furono vendute al duca di Mirandola.
Come nella casa veronese di Curtoni, anche nella collezione Crozat a Parigi Minerva e Diana figuravano insieme; nel catalogo (Cat. Crozat 1755) si indicava che erano collocate nel Salone piccolo, a destra dell’ingresso. Il fatto mette in dubbio la loro appartenenza alla stessa serie dell’Allegoria della pittura di Detroit, che anche dal punto di vista tematico non presenta legami diretti con le altre due.
Sia Minerva che Diana, convenzionalmente definite «bozzetti», uniscono felicemente in sé la compiutezza dell’esecuzione con una palpitante levità della pittura. Se i quadri menzionati da Dal Pozzo sono gli stessi che appartengono attualmente al Museo Puškin e all’Ermitage, si può ritenere che non fossero legati, come pensava Pignatti (Pignatti 1976; Pignatti, Pedrocco 1991; 1995), a un particolare complesso decorativo. Forse erano stati dipinti per essere messi in vendita, ed erano destinati alle collezioni private che in Italia divenivano sempre più di moda, anticipazioni di ciò che sarebbe stato il cabinet d'amateur del XVIII secolo, ampiamente diffuso in tutta Europa.
Era opinione diffusa che le due opere del Puškin e dell’Ermitage fossero state dipinte intorno al 1560; questa datazione venne sostenuta da Vertova (1959) e Fomičeva (1992). Piovene e Marini (1968), e anche Pignatti (1976) erano a favore di una datazione posteriore alla fine degli anni settanta, mentre Pallucchini (1984) le datava tra il 1565 e il 1570. Quest’ultima datazione sembra la più convincente.
Provenienza: Fino all’inizio del XVIII secolo, l’opera rimase probabilmente nella collezione del dottor Curtoni a Verona, da cui passò alla collezione del duca di Mirandola. Nel 1772 venne acquistata per l’Ermitage dalla collezione Crozat a Parigi; dal 1930 si trova al Museo Puškin.
Materiali d’archivio: Tronchin 1772, n. 118; Cat. Ermitage 1773, n. 1207; Cat. Ermitage 1797, n. 490; Inv. Ermitage 1859, n. 2481.
Bibliografia: Dal Pozzo 1718, I, p. 65; II, p. 24 (qui e di seguito: Paolo Veronese); Cat. Crozat 1755, p. 71; Cat. Ermitage 1774, р. 103, n. 1207; Cat. Ermitage 1863, p. 42, n. 150 (il numero si conserva in tutti i cataloghi dell’Ermitage fino al 1916); Cat. Ermitage 1916, p. 17; Waagen 1864, p. 72; Cat. Ermitage 1916, р. 17; Berenson 1932, p. 420; Fiocco 1934, p.121 (Benedetto Caliari); Suida 1938, p. 178 (qui e di seguito: Paolo Veronese); Vertova 1952, s.p.; Richardson 1954, pp. 108-109; Berenson 1958, I, p. 136; Woods 1965, p. 112; Piovene, Marini 1968, p.105, n. 90c, ill.; Stuffmann 1968, p. 80, n. 178, ill.; Béguin, Martini 1970, p. 105, N. 90с, ill.; Rosand 1972, p. 16; Schweikhart 1973, p. 259 (Paolo Veronese o la sua cerchia); Fomičeva 1974b, p. 123; Pignatti 1976, I, p. 130, n. 156; II, fig. 415; Cocke 1977, p. 786; Hadeln 1978, p. 157, n. 198; Pallucchini 1984, p. 177, n. 110, ill.; Rearick 1988, p. 76; Da Leonardo a Tiepolo 1990, p. 72; Pignatti, Pedrocco 1991, p. 175, n. 88c, ill.; Markova 1992, p. 149, ill.; Fomičeva 1992, p. 371; Cat. Museo Puškin 1995, p. 90, ill.; Pignatti, Pedrocco 1995, p. 260, n. 164, ill.; Markova 2002, I, pp. 117-119, n. 57.