CACCIATA DI ELIODORO DAL TEMPIO
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BERNARDO CAVALLINO

CACCIATA DI ELIODORO DAL TEMPIO

Circa 1650

olio su rame

62 x 88 cm

Inv.: 725

La firma sulla biada del cavallo, «BC», è un monogramma a lettere intrecciate inscritto in una sagoma poligonale.

Il soggetto è tratto dai libri biblici non canonici che narrano le gesta dei Maccabei (2 Mac 3,14-27). Il dignitario siriano Eliodoro aveva ricevuto dal re Seleuco Filopatro l’ordine di depredare il tesoro del tempio di Gerusalemme, ma l’intervento divino impedì la profanazione del santuario. Quanti avevano osato penetrare nel luogo del tesoro rimasero atterriti dalla visione di un cavaliere e di due giovani. Il destriero si scagliò con impeto contro Eliodoro percuotendolo con gli zoccoli anteriori, mentre i due giovani lo flagellavano senza posa. Il soggetto viene associato all’episodio della vita terrena di Cristo, in cui questi caccia i mercanti dal tempio (Pigler 1974, I, pp. 232-233). Il quadro della collezione Puškin in passato era ritenuto opera dell’artista francese Sébastien Bourdon, e sotto questo nome venne ripetutamente pubblicato nei cataloghi del museo. L’attribuzione al Cavallino venne proposta da Rosenberg (1968) e Liebmann (1968).

Per lungo tempo la composizione moscovita costituì l’unica opera realizzata dall’artista su rame di cui si fosse a conoscenza. Nel 1982 è stata pubblicata un’altra composizione del Cavallino dipinta sul medesimo tipo di supporto, Muzio Scevola e Porsenna (Kimbell Art Museum di Fort Worth, Texas), che presenta anche le stesse dimensioni del quadro di Mosca. Le due opere, insieme a due composizioni di Andrea Vaccaro, vennero realizzate per un’unica commissione e i loro soggetti sono accomunati da un programma idealmente legato alla lotta dei napoletani contro la dominazione spagnola (Bernardo Cavallino 1985, pp. 169-172). Gli elementi stilistici classicheggianti attestano i contatti tra Cavallino e gli ambienti artistici di Roma.

Un disegno preparatorio per questa composizione fu presentato nel 1966 all’asta di Colnaghi a Londra, sotto il nome dell’artista fiorentino Giovanni Biliverti («The Burlington Magazine» 1966, n. 8, p. XIV; ripr. nella sezione pubblicitaria).

Il quadro del Museo Puškin, che si colloca tra i capolavori del pittore napoletano, venne dipinto nell’ultimo periodo della sua attività, intorno al 1650.

Provenienza: Fino al 1918 apparteneva alla collezione G.M. Fejtel’berg, Mosca; poi è passato al Fondo museale di Stato e al Museo Rumjancev; dal 1924 è al Museo Puškin.

Mostre: 1918 Mosca, cat. n. 146; 1981 Vienna, cat. pp. 30-31, ill.

Bibliografia: Réau 1929, p. 73, n. 448 (qui e di seguito: Sébastien Bourdon); Liebmann 1968, pp. 456-459, fig. 1, 49 (qui e di seguito: Cavallino); Rosenberg 1968, pp. 10, 154, fig. 6; Ferrari 1969, p. 217; Lurie 1969, pp. 138-139, fig. 3; Vitzthum 1971, p. 89; Causa 1972, p. 942, fig. 316; Brejon de Lavergnée, Dorival 1979, p. 92; Lehmann 1980, p. 88; London-Washington 1982-1983, pp. 143, 146; De Maio 1983, pp. 5, 17, n. 14, fig. 5; Le peinture napolitaine 1983, pp. 194-195; La pittura napoletana 1983, pp. 164-165, 167-168; Spinosa 1984, ill. 158; Bernardo Cavallino 1985, p. 223, n.c. 38, ill.; Spinosa 1989, p. 486, tav. 742; Markova 1992, p. 276, ill.; Cat. Museo Puškin 1995, pp. 162-163, ill.; Markova 2002, II, pp. 136-138, n. 113.

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