JACOPO DA EMPOLI (JACOPO CHIMENTI)
NATURA MORTA
Il quadro giunse al Museo Puškin come opera di anonimo olandese del XVII secolo. Lazarev lo attribuiva (comunicazione orale) alla scuola fiorentina del XVIII secolo e la sicura appartenenza al catalogo delle opere di Jacopo da Empoli è stata stabilita da Malickaja (1960).
Oggi ormai si conosce un gruppo nutrito di nature morte del pittore, tra cui ve ne figurano alcune firmate e datate. Particolarmente affine al quadro moscovita è una delle due tele, in pendant fra loro, che appartengono alla collezione Molinari Pradelli a Marano di Castenaso (Bologna), che ha dimensioni quasi identiche (olio su tela, 77 х 115,5; Porzio, Zeri 1989, ill. 610), e porta anche la firma e la data: «addi 22 di luglio 1625 Jacopo da …». Singoli motivi e oggetti presenti nel quadro si ripetono anche nella tela moscovita, che generalmente viene definita nella bibliografia scientifica come una replica della natura morta della collezione Molinari Pradelli. Il quadro del Museo Puškin, tuttavia, è un’opera assolutamente a sé stante, e d’altro canto la riproduzione di medesimi oggetti nel genere della natura morta è un fenomeno ricorrente, abituale. Rispetto alla tela Molinari Pradelli, la natura morta qui pubblicata mostra una gamma coloristica più chiara e giocata su tonalità fredde.
Si conoscono anche altre opere dell’artista, provviste di firma e data. Tra esse vi sono due nature morte, simili per composizione, appartenenti alla Galleria degli Uffizi di Firenze e datate al 1621 e 1624 (Porzio, Zeri 1989, ill. 634, 635), e una natura morta di una collezione privata di Firenze che porta la data del 1626 (Porzio, Zeri 1989, ill. 637).
Tutte le nature morte di Jacopo con datazione certa di cui siamo a conoscenza appartengono dunque al terzo decennio del XVII secolo, e questo fatto consente di collegare l’interesse dell’artista per questo genere pittorico all’ultimo periodo della sua attività. Per la loro tipologia, le nature morte dell’artista fiorentino risalgono alle tradizioni della fine del XVI secolo. Se ne possono rinvenire le origini nelle «botteghe» popolaresche ritratte da Bartolomeo Passarotti e Vincenzo Campi, mentre nelle caratteristiche della struttura compositiva e della disposizione degli oggetti si rileva un contatto con i bodegones spagnoli da Juan Sánchez Cotán ad Alejandro de Loarte.
Con ogni probabilità, la composizione qui pubblicata è stata dipinta intorno al 1625.
Provenienza: Fu acquisito dal Museo Puškin nel 1924, che lo ricevette dal 5° Museo Proletario (ex monastero di San Simone a Rogožskoe), Mosca.
Mostre: 1961 Mosca, cat. p. 67, ill.; 1983 Dresda, cat. n. 52; 1984 Leningrado-Mosca, cat. n. 122.
Bibliografia: Malickaja 1960, pp. 200-210, ill.; de Logu 1962, p. 180; Maggi 1962, p. 13, nota 5; La natura morta italiana 1964, p. 76, scheda 159; Bianchini 1980, p. 143; Raccolta Molinari Pradelli 1984, p. 48, N. 7a, b; Cirillo, Godi 1984, pp. 548, 552; Raccolta Molinari Pradelli 1984, p. 48, n. 7a-b; Seicento fiorentino 1986-1987, p. 134, nn. 1, 33; Marabottini 1988, pp. 129-130, 260-261, n. 111, ill.; Porzio, Zeri 1989, p. 532; Markova 1992, p. 213, ill.; Barocco italiano 1995, p. 38; Cat. Museo Puškin 1995, p. 212, ill.; Markova 2002, II, pp. 358-359, n. 317.