LUCA GIORDANO, detto LUCA FA PRESTO
LA PUNIZIONE DI MARSIA
Il soggetto è tratto dalle Metamorfosi (VI, 382-400) e dai Fasti (VI, 703-708) di Ovidio; da Filostrato il Giovane, Immagini, 2.
Marsia, uno dei satiri al seguito di Dioniso, suonava meravigliosamente il flauto. Lo strumento era stato costruito Atena che l’aveva poi gettato via maledicendolo perché suonandolo il suo volto appariva deformato. Marsia aveva ritrovato il flauto ed era involontariamente divenuto vittima della maledizione. Dopo aver imparato a suonare alla perfezione, il Satiro si insuperbì a tal punto da sfidare a gareggiare con lui Apollo che suonava la lira. Al vincitore, che risultò essere Apollo, venne accordato il diritto di scegliere la punizione per lo sconfitto. Egli legò Marsia a un pino e lo scorticò vivo. Il tema della sfida tra Apollo e Marsia appare in pittura nel XVI secolo. L’arte barocca preferisce il più delle volte l’aspetto cruento del soggetto, cioè la raffigurazione della scena della punizione (Pigler 1974, II, pp. 31-34).
Nella collezione Jusupov, dove il quadro giunse prima del 1815, inizialmente figurava sotto il nome di Luca Giordano, poi, nell’Inventario del 1831 (forse per errore) venne registrato come opera di Subleyras, e nell’Inventario dei quadri del Museo di Palazzo Jusupov del 1924 venne inserito come opera di Ribeira. Entrò a far parte della collezione del Museo Puškin come opera di Luca Giordano.
Una variante della composizione si trova al Museo Bardini di Firenze (Riccoboni 1951, p. 263). Scene di martirio si incontrano sovente nell’opera di Luca Giordano, soprattutto nel periodo giovanile, quando era fortemente legato alla tradizione del suo maestro Ribeira. L’influsso dell’artista spagnolo emerge anche nei procedimenti artistici, nel tipo di colorito e di chiaroscuro che crea un’atmosfera di cupa tensione. Tuttavia, nonostante la somiglianza esteriore con la maniera di Ribeira, Giordano è estraneo al naturalismo che caratterizza l’artista spagnolo. Al centro della sua attenzione sono la bellezza del modellato plastico e l’espressività dei movimenti, che definiscono la drammaturgia dell’opera.
Il quadro della collezione del Museo Puškin non appartiene, come si è ritenuto per lungo tempo, al periodo iniziale dell’attività dell’artista. Anche negli anni della maturità, quando ormai ha elaborato un proprio linguaggio artistico, rispondente allo stile del barocco maturo, Giordano ritorna periodicamente alla maniera «tenebrosa» del suo maestro. La maniera stilistica e la stessa fattura pittorica avvicinano la tela del Museo Puškin alla composizione L’ubriachezza di Noè, dell’Escorial, in Spagna (Ferrari, Scavizzi 1992, fig. 266), e questo consente di datarla intorno al 1665. La datazione è stata proposta dall’autrice del catalogo (Markova 1991, pp. 142-144) ed è stata confermata nell’ultima edizione della monografia di Ferrari e Scavizzi (Ferrari, Scavizzi 1992).
Provenienza: Prima del 1815 entrò a far parte della collezione del principe N.B. Jusupov; era custodito nel suo palazzo moscovita; nel 1837 venne trasferito nella tenuta di Archangel’skoe, e dopo il 1854 a Pietroburgo (Palazzo Jusupov sulla Mojka); nel 1919-1924 rimase nel Museo di Palazzo Jusupov, a Pietrogrado; dal 1924 si trova al Museo Puškin.
Materiali d’archivio: Registro Archangel’skoe, nei pressi di Mosca, 1815, f. 13v., n. 64 (Il satiro viene scorticato: Luca Giordano); Galerie de Moscou 1827, p. 101, n. 1, Piccola sala da pranzo; Registro Jusupov 1924-1925, f. 45v., n. 9 (Luca Giordano).
Mostre: 1961 Mosca, cat. p. 29; 2001-2002 Mosca-San Pietroburgo, cat. pp. 135-136, n. 12; 2004-2005 Roma-Mosca, n. II.II.37.
Bibliografia: Cat. Galleria Jusupov 1920, p. 12, n. 219 (qui e di seguito: Luca Giordano); Ferrari, Scavizzi 1966, II, p. 358; Markova 1991, pp. 142, 144, tav. XV; Ferrari, Scavizzi 1992, p. 282, n. А196; Markova 1992, p. 294, ill.; Cat. Museo Puškin 1995, pp. 152-153, ill.; Markova 2002, pp. 114-116, n. 87, ill.; Da Giotto a Malevič 2004, p. 150, n. II.II.37.