SEBASTIANO MAZZONI
LE TRE GRAZIE
Sul verso della tela originaria durante il restauro è stata rilevata una scritta antica, non posteriore al XVIII secolo: «Celesti».
Le tre Grazie – Aglae, Eufrosine e Talia – erano la personificazione della leggiadria e della bellezza (Esiodo, Teogonia, 905). Nelle diverse epoche le Grazie rivestirono diversi significati allegorici: impersonarono le tre fasi dell’amore, incarnarono la Verginità, la Bellezza e l’Amore. Erano ritenute le compagne di Venere e possedevano alcuni attributi comuni ad essa, in particolare la raffigurazione di Cupido; come compagne di Venere sono descritte anche nell’Iconologia di Cesare Ripa (Ripa 1630; Cesare Ropa, Iconologia, 1630, ed. Milano 2005, pp. 305-306; cfr. anche Pigler 1974, II, pp. 102-105).
La scritta sul verso della tela indica che in passato il quadro era attribuito ad Andrea Celesti, uno dei pochi allievi di Sebastiano Mazzoni, oppure che gli appartenne dopo la morte del maestro: oltre a essere suo allievo, Celesti fu anche l’erede di tutti i beni del Mazzoni.
Al Museo Puškin il quadro pervenne come opera di anonimo. L’attribuzione a Sebastiano Mazzoni è stata stabilita dall’autrice del catalogo (Markova 1982).
Il quadro può essere definito a pieno diritto uno splendido esempio dell’arte del pittore fiorentino, che svolse gran parte della propria attività a Venezia. Al momento dell’acquisizione dell’opera da parte del Museo Puškin e della definizione del suo autore, le opere riconosciute come appartenenti con certezza a Mazzoni erano ancora relativamente poche; in Russia l’opera in esame resta finora l’unica.
La radiografia mostra una serie di modifiche introdotte dall’autore: la figura destra ha il braccio destro in posizione diversa; sotto la rappresentazione della figura visibile di schiena a sinistra si vede una specie di collana (originariamente era forse un filo di perle); la posizione della figura stessa originariamente era diversa.
Un’analogia con la figura di sinistra è la raffigurazione di Venere nel Venere e Cupido della collezione contessa di Navarro a New York che in precedenza era nella collezione Sonino a Venezia (Pallucchini 1981, II, fig. 729). Accanto a Venere, presentata nella stessa posa che ha nel nostro quadro, ma rivolta allo spettatore, è raffigurato un amorino dormiente. Nella composizione Estate della Pinacoteca di Feltre (Benassai 1999, n. 17), viene ripreso il profilo della figura destra del quadro moscovita.
Il colorito quasi monocromo e il chiaroscuro che modella le forme ricordano i procedimenti di Francesco Furini, maestro di Mazzoni, e di altri artisti della scuola fiorentina. Nel quadro si avverte però anche un influsso veneziano, in particolare nella raffigurazione dei tessuti (il motivo di stoffe rigate si incontra sovente nelle tele di pittori veneziani del XVI secolo, quali Veronese, Tintoretto, Jacopo Bassano). La maggior scioltezza e libertà nella maniera pittorica, che risultano evidenti, trovano un’analogia in una composizione datata 1660, Il convito di Baldassarre del National Museum of American Art, Smthsonian Institution (in deposito alla National Gallery di Washington; Benassai 1990, n. 36) e nell'affine Sacrificio di Iefte, del Museo d’Arte Nelson-Atkins di Kansas City (Benassai 1990, n. 35). Questa fusione di elementi stilistici della pittura fiorentina e veneziana permette di datare il quadro moscovita al decennio 1650-1660, cioè al primo periodo veneziano dell’arte di Sebastiano Mazzoni.
È senz’altro interessante l’analogia indicata nella monografia di Benassai (1999) con la scultura di Giambologna Fata Morgana. Forse, fu proprio quest’opera a fungere da modello per la posa della figura centrale e la sua posizione delle braccia nella composizione del Museo Puškin. È degno di nota l’interesse dimostrato dall’autore per la scultura manieristica fiorentina, e il permanere di simili motivi nella sua immaginazione anche dopo la partenza per Venezia.
Androsov (1999) ha proposto di identificare il quadro qui pubblicato con un’opera che viene menzionata come Tre figure nude della scuola di Mazzoni in un elenco di quadri acquistati da Pëtr Beklemišev, agente del granducato di Moscovia a Venezia dal 1716 al 1720, e spediti prima del 1718 a Pietroburgo. È soltanto una nota che va presa in considerazione, ma non vi sono fondamenti per ritenere che si tratti proprio del quadro appartenente al Museo Puškin, e tanto più per tenerne conto nel determinare chi fosse l’autore della tela.
Provenienza: Nel 1974 è stato acquistato da A.F. Liachova, Mosca.
Mostre: 1997 Tokio-Tendo-Okazaki-Akita, cat. n. 14.
Bibliografia: Markova 1982, pp. 16, 26, figg. 32, 33; Benassai 1990, n. 22, pp. 96-97, tav. 70 (Sebastiano Mazzoni); Markova 1992, p. 263, ill.; Cat. Museo Puškin 1995, p. 179, ill.; Androsov 1999, pp. 59-60, 281 (scuola di Mazzoni); Markova 2002, II, pp. 350-351, n. 309; Boskovits 2004, p. 120.