GUIDO RENI
GIUSEPPE E LA MOGLIE DI PUTIFARRE
Sul verso si legge in nero il numero della collezione dei Voroncov-Daškov: «ВД 654» (le iniziali in cirillico sono inscritte in un cerchio).
Il soggetto è tratto dall’Antico Testamento, Gen 39,7-20. Giuseppe, figlio del patriarca Giacobbe, dopo essere stato venduto come schiavo dai fratelli finì in Egitto. Trovandosi al servizio di Putifarre, consigliere del faraone, seppe meritare la sua completa fiducia. La moglie di Putifarre si innamorò del giovane e cercò di adescarlo, ma venne respinta. Calunniato da lei, che voleva vendicarsi del rifiuto, Giuseppe venne subito imprigionato con l’accusa di aver attentato al suo onore (Pigler 1974, I, p. 80 ss.).
Cesare Malvasia (1678), biografo degli artisti bolognesi, menziona più quadri di Guido Reni dedicati a questo tema. Nel XVII secolo uno di essi si trovava nella galleria del marchese Ferdinando Cospi, uno dei più importanti collezionisti italiani dell’epoca, e un altro apparteneva a Gian Carlo de’ Medici ed era conservato in una delle sue dimore nei dintorni di Firenze.
Fino a qualche tempo fa il quadro moscovita sembrava l’unica variante conosciuta di questa composizione. Nel 1973, però, è comparso a un’asta di Londra un secondo dipinto che attualmente si trova nella collezione del Viscount Coke a Holkham Hall (Norfolk), in Inghilterra. Pepper (1973) pubblicò quest’ultima opera, asserendo si trattasse dell’originale, mentre il quadro qui in esame era a suo parere una replica dello stesso autore (Pepper 1984).
Guido Reni era avvezzo a replicare le proprie opere, ampiamente richieste da amatori d’arte e collezionisti. Proprio questo fatto rende oggi ormai impossibile stabilire quale delle varianti sia stata dipinta per prima, e non è del resto una cosa essenziale, perché in ogni opera l’autore introduce qualche elemento originale. A nostro avviso, il dipinto del Museo Puškin non solo non è minore in qualità rispetto alla variante inglese, ma anzi forse la supera (purtroppo, la vernice ingiallita che ricopre la superficie della tela moscovita non facilita il raffronto). Si tende a identificare la composizione della collezione privata inglese con la variante che un tempo apparteneva al marchese Cospi. In tal caso, l’opera moscovita sarebbe appartenuta alla collezione Medici a Firenze. Malvasia menziona quest’ultima come «il gran quadrone del Gioseffo tentato dall'impudica Donna» (Malvasia 1678, II, p. 60, 63, 65, 90).
L’analisi stilista dell’opera consente di datarla intorno al 1626, mentre la variante di Norfolk è generalmente riferita al 1625-1628. Come analogia si può citare La Lucrezia, conservata al Neues Palais di Potsdam. A quest’ultima tela potremmo aggiungere per un confronto che ci sembra stringente la Semiramide riceve la corona da Nino che già si trovava nella Gemäldegalerie di Dresda (Pepper 1984, p. 255, n. 109, tav. 135). Oltre al gusto patetico caratteristico delle opere di quest’epoca, si osserva qui la medesima lavorazione del panneggi e la stessa posa della figura femminile seduta visibili nel quadro moscovita.
Un disegno preparatorio per la figura femminile, che rappresenta uno studio dei panneggi delle vesti, è conservato nella collezione della Fondazione Giorgio Cini a Venezia (inv. 35. 261). Nel catalogo della mostra dei disegni di Guido Reni del 1981 all’Albertina di Vienna (Guido Reni 1981, p. 174), dove il disegno menzionato venne esposto per la prima volta, esso era messo in correlazione con il quadro di Holkham Hall. Il dipinto del Museo Puškin era indicato come una seconda versione della composizione.
Provenienza: Apparteneva alla collezione Voroncov-Daškov, Pietroburgo; nel 1920 fu consegnato all’Ermitage; dal 1924 è al Museo Puškin.
Mostre: 1851 Pietroburgo, cat. n. 814; 1961 Mosca, cat. p. 52, ill.
Bibliografia: Malvasia 1678, II, p. 90 (ed. 1841, II, pp. 60, 63, 65); Garboli, Baccheschi 1971, n. 148 (la raffigurazione è speculare; erroneamente, è riportato come appartenente all’Ermitage); Pepper 1973, p. 824, fig. 91; Borea 1975, p. 131; Guido Reni 1981, p. 174; Pepper 1984, p. 254, fig. 42; Guido Reni 1988, p. 100, n. 42; Markova 1990, pp. 81-82, tav. 24; Markova 1992, pp. 190-191, ill.; Cat. Museo Puškin 1995, p. 191, ill.; Markova 2002, II, pp. 263-265, n. 232.