VANITAS (LA VECCHIA CIVETTA)
Оригинальный размер изображения Предпросмотр

BERNARDO STROZZI, detto IL PRETE GENOVESE o IL CAPUCCINO

VANITAS (LA VECCHIA CIVETTA)

Circa del 1637

olio su tela

135 х 109 cm

Inv.: 221

Ampiamente diffuso nell’arte del XVII secolo, il tema della Vanitas si incontra relativamente di rado nell’arte italiana, dove crea una propria particolare tradizione interpretativa (Pigler 1974, II, pp. 532, 567, 610).

Con ogni probabilità, fin dal XVII secolo il quadro della collezione del Museo Puškin abbandonò il suolo italiano, e la sua appartenenza a Bernardo Strozzi cadde in oblio. Per qualche tempo venne attribuito a Velásquez, in seguito venne considerato opera del tedesco Johann Liss. Il primo a ritornare all'autore italiano fu Longhi (1917), e qualche tempo dopo lo segue Lazarev (Lasareff 1929).

Si conoscono più composizioni sullo stesso tema. Come variante della tela moscovita, nella bibliografia scientifica viene citata un’opera della collezione Beets di Amsterdam che riprende il quadro di Strozzi con lievi modifiche e in un diverso formato. Secondo Lazarev (Lasareff 1929), si tratta di una copia dell’originale di Strozzi dipinta dalla sua bottega; Mortari (1955) l’ha invece pubblicata come opera giovanile dello stesso maestro.

Un’altra replica si trovava in una collezione privata di Parigi, e nella letteratura scientifica veniva indicata come copia del quadro moscovita (Oldenbourg 1914); Mortari invece (Mortari 1966), indicava anch’essa come un originale. Una terza replica, pure in una collezione privata parigina (Mortari 1966), riprende il quadro moscovita con molte discordanze e in un diverso formato (136 х 146).

A questo elenco si può aggiungere un’opera menzionata da Fiocco (1938) come appartenente alla collezione Gamba di Firenze (attualmente non se ne conosce la collocazione). Difficile dire qualcosa a proposito dell’autore di quest’ultimo quadro, perché l’articolo di Fiocco non è corredato da riproduzioni; nella sua descrizione viene menzionata la raffigurazione di una bambina con ventaglio.

Alcune varianti pittoriche della tela di Mosca risalgono a incisioni. Molto probabilmente essa va ritenuta una copia una di queste tele dipinte su modello di acquaforti, che venne esposta, nel 1909, all’asta di vendita della collezione Hanfstaengl di Monaco, come opera di Honthost (non è da escludere che con il passar del tempo sia entrata a far parte di una delle collezioni private citate sopra).

L’incisione d’origine venne pubblicata in un volume dedicato alla collezione Reinst, uscito ad Amsterdam nel XVII secolo; secondo alcune fonti, autore dell’incisione sarebbe Jeremias Falck, secondo altre Cornelis Visscher (Wussin 1865, pp. 272, 275). L’incisione venne poi copiata da Moses Ter Borch in un disegno che si trova nel Gabinetto delle incisioni di Amsterdam (inv. 1075). Tutte le composizioni citate, per quanto in alcune pubblicazioni vengano definite come opere originali di Strozzi, sono invece da ritenere copie.

Variante d’autore, oltre alla tela moscovita, è un’opera della collezione Modiano a Bologna, che Matteucci (1955) aveva definito la versione «più brillante» dipinta dall’artista. Il giudizio è probabilmente motivato dal fatto che la studiosa non aveva mai visto dal vero il quadro del Museo Puškin. Le due varianti originali conosciute a tutt’oggi potrebbero identificarsi con le opere di questo soggetto menzionate in fonti del XVII secolo. Una delle due composizioni, con ogni probabilità la tela moscovita, fu acquistata nel Seicento da Jan Reinst a Venezia e successivamente entrò a far parte della collezione dei fratelli Reinst ad Amsterdam. L’altra composizione dello Strozzi, intitolata Una vecchia allo specchio del prete, figura in una lettera del conte Castiglione a Carlo II del 22 ottobre 1661, pubblicata da Luzio (1913); nella lettera si dice che l’opera era in casa di Vincenzo Imperiale a Genova.

Circa la datazione di entrambe le opere, sono state espresse opinioni diverse. Ad esempio, Matteucci (1955) proponeva di identificare il quadro della collezione Modiano con quello dipinto a Genova per Vincenzo Imperiale, mentre Mortari (1966), al contrario, lo riferiva al periodo veneziano dell’arte di Strozzi, con la motivazione che nel XVIII secolo Pietro Monaco aveva riprodotto in un’incisione una composizione analoga che si trovava a Venezia e veniva attribuita a Liss. Non avendo mai visto il quadro in originale, Моrtari (1995) riteneva che la variante della collezione del Museo Puškin fosse antecedente alla tela di Bologna, datata dall’autrice al 1635.

Lazarev (Lasareff 1929) considerava il quadro moscovita un’opera del periodo genovese. Pallucchini (1981) riteneva invece che, come succedeva spesso con le opere di Strozzi, si trattasse di due varianti dipinte in periodi diversi dell’attività dell’artista. A parer suo, la composizione del quadro della collezione Modiano era stata realizzata a Genova, e la variante del Museo Puškin a Venezia, dove Pietro Monaco l’aveva riprodotta in un’incisione come opera di Liss.

Con Pallucchini concordano anche altri autori. Nel catalogo della mostra genovese (A. Orlando, in Bernardo Strozzi 1995) il quadro moscovita venne attribuito intorno al 1635 e Rearick (1996) fissò addirittura la data del 1637. Questa datazione appare la più convincente, e non solo in base alla maniera stilistica dell’opera; la sua stessa genesi sarebbe infatti impensabile all’infuori del contesto della cultura artistica veneziana, in cui Strozzi si immerse dopo la partenza da Genova.

A nostro parere, l’idea stessa di dipingere quest’opera nacque nell’artista, o gli fu suggerita da un committente, proprio a Venezia. Nel XVII secolo il tema della Vanitas interessava profondamente i veneziani. A Venezia uscì una serie di opere letterarie, in particolare il poema di un anonimo del 1620, che descrive una donna seduta allo specchio da toeletta: «Misera donna hor come puoi mirare / Delle bellezze tue l’altre rovine. / Fuggi fuggi gli specchi, e non curare / Rendere al volto tuo porpore, e brine» (cit. da Aikema 1990, p. 88). Questi versi costituirono forse per Strozzi un particolare prototipo letterario all’atto di dipingere il quadro.

Per quanto riguarda la soluzione figurativa, con una buona dose di sicurezza si può affermare che il maestro genovese si avvalse come modello della celebre tela di Tiziano Venere allo specchio che, insieme ai quadri che si trovavano in casa dell’artista passò al figlio Pomponio e successivamente alla famiglia Barbarigo, dove Strozzi ebbe certamente modo di vederla (nella collezione Barbarigo si trovavano diversi quadri dell’artista genovese, il che attesta stretti legami fra l’artista e il collezionista). Come nell’opera di Tiziano, nel quadro di Strozzi la figura è presentata fino al ginocchio, anche se il suo movimento e la posizione dello specchio sono modificati. Non sembrerà strano il riferimento al quadro citato, se si ricorda che nel XVII secolo la raffigurazione di Venere veniva sovente inserita in composizioni del tipo della Vanitas, e il soggetto di Venere allo specchio veniva interpretato come un compiacimento della carne peccatrice. Al tema della Vanitas rimandano gli oggetti disposti sulla toeletta (Gavazza, in Bernardo Strozzi 1995, p. 68). Tra essi figura un prezioso vaso d’argento con il manico a forma di arpia e riprodotto nella celebre Cuoca (Galleria di Palazzo Rosso, Genova), del periodo genovese. Accanto al vaso, un ventaglio, una boccetta di profumo, alcuni monili; altri preziosi monili sono alle braccia della donna. Nel quadro un ruolo particolare è affidato al linguaggio dei fiori. La raffigurazione di una rosa che si riflette nello specchio indica la caducità della vita, l’avvizzire della carne e della bellezza fisica. Un ulteriore accento ironico nel contesto del quadro è introdotto dalla presenza di fiori d’arancio, attributo consueto delle spose.

Provenienza: Fu acquisito nel XVII secolo da Jan Reinst a Venezia, e passò nella collezione Reinst ad Amsterdam; alla fine del XIX secolo era nella collezione Brocard a Mosca e nel 1900 divenne proprietà degli eredi; nel 1922 dalla collezione Žiro (Giraud) giunse al Museo Rumjancev; dal 1924 si trova al Museo Puškin.

Mostre: 1897 Mosca, cat. n. 2178 (ripr. da incisione); 1915 Mosca. cat. n. 164 (Liss); 1961 Mosca, cat. pp. 59-60, ill.; 1995 Genova, cat. n. 76.

Bibliografia: Cat. Brocard 1899, n. 512; Cat. Brocard 1903, n. 572 (qui e di seguito: Liss); Luzio 1913, p. 107; Oldenbourg 1914, pp. 162, 164 (ripr. da incisione), 166; Ettinger 1915, p. 65; Longhi 1917, p. 303 (presumibilmente, Strozzi); Lasareff 1929, pp. 17-19, vol. (qui e di seguito: Strozzi); Steinbart 1940, p. 178; Matteucci 1955, p. 140, nota 2; Mortari 1955, pp. 321, 327, 331, nota 14; Matteucci 1966, XI; Mortari 1966, pp. 59-60, 153, fig. 285; Donzelli, Pilo 1967, p. 387; Pigler 1974, p. 532; Pallucchini 1981, p. 159, fig. 467; Aikema 1990, p. 88, fig. 136; Markova 1992, pp. 230-231, ill.; Cat. Museo Puškin 1995, p. 203, ill.; Mortari 1995, pp. 168-169, n. I.389, ill.; A. Orlando, in Bernardo Strozzi 1995, pp. 68, 250-251, ill.; Rearick 1996, pp. 262-263, fig. 42; 1000 Masterpieces of Painting 1999, p. 852, ill.; Markova 2002, II, pp. 309-313, n. 278, ill.; Boskovits 2004, p. 121.

Сайты Музея