FRANCESCO D'ANTONIO DA ANCONA
MADONNA CON BAMBINO. CRISTO E SANTI
Polittico, quattordici pannelli separati
La seconda metà del XIV secolo
199 x 238,3 cm
Inv.: 2500
Al centro in basso, sul basamento del trono della Madonna, sono riportate la firma e la data: MATER FRANCISCVS ANTONII DE.ANCONA.ME.PINXIT. ANNO.D.M.CCC.L. Più sotto la data è riportata di nuovo integralmente: ANNO. DOMINI. MILLEXIMO. TRECENTEXIMO. NONAGEXIMO. III.
Misure delle singole parti del polittico: composizione centrale del registro inferiore: Madonna con Bambino, 136 х 55; pannelli laterali, 106 х 26,5-26,7 ciascuno; composizione centrale del registro superiore: raffigurazione di Cristo, 50 х 27; pannelli laterali, 30 х 18 ciascuno. Ciascun comparto presenta come supporto una tavola unica di pioppo dello spessore di 35 mm; la fibra del legno è orientata in senso verticale. Il frammento con la raffigurazione di Maria Annunziata non si è conservato (nel registro superiore a destra della raffigurazione di Cristo), ed è stato reintegrato tra il XIX e l’inizio del XX secolo. Tutti i pannelli presentano ornamenti incisi in oro sui nimbi e sulle vesti. Lo strato pittorico sul manto e sulla tunica di pelli di Giovanni Battista è andato perduto quasi completamente. La pittura è ricoperta da una patina di vernice protettiva scurita e sporca. L’antica cornice del polittico non si è conservata, il telaio è di fattura moderna.
Nelle diverse parti del polittico si conservano scritte con i nomi dei santi raffigurati. Alla destra della Madonna ci sono Giovanni Battista con la tradizionale scritta su nastro, ЕССЕ ANGNVS DEI; san Francesco d’Assisi, che mostra le stimmate, con un Crocifisso in mano e in basso la scritta S F[RAN]CISCVS; san Lorenzo con la graticola, attributo del martirio, e lungo lo scollo della tunica la scritta LAVR[ENTIVS]. Alla sinistra della Madonna vi sono san Biagio in paramenti episcopali con il libro e il rastrello, simbolo del martirio, e sullo scollo della veste la scritta VLATIVS; santa Caterina d’Alessandria con la corona in testa, il libro e un ramo di palma, segno del martirio, e in basso la scritta S[AN]T[A] CATERINA; santo Stefano con il libro, il ramo di palma e delle pietre sul capo, attributi del martirio, e la scritta sia in basso (STEFANVS), sia sullo scollo della veste: [S]TEFANVS.
Prima che pervenisse al Museo Puškin, il polittico era considerato opera di un anonimo maestro di scuola senese del XIV secolo. L’opera, a cui Lazarev dedicò una ricerca particolare (Lasareff 1971), è l’unico dipinto firmato da Francesco d’Antonio da Ancona. Non incontriamo da nessun’altra parte il nome dell’autore del polittico nella forma in cui appare in questa iscrizione. Lazarev riteneva che l’autore del polittico, proveniente – come indica la firma – da Ancona, lavorasse in realtà ad Orvieto, che si trovava nell’orbita dell’influsso artistico di Siena. Nei documenti del duomo di Orvieto si incontrano i nomi di Francesco d’Antonio di Cecco, menzionato al 1370 come aiuto di Ugolino di Prete Ilario, e dal 1373 al 1378 come suo collaboratore; e di Francesco di Antonio, monaco della Badia di San Salvatore al Monte Amiata. Gnoli identificava quest’ultimo con Francesco d’Antonio di Cecco, il cui nome non viene più menzionato nei documenti dopo il 1378 (Gnoli 1923, р. 119). Lazarev riteneva che l’autore del polittico del Museo Puškin e Francesco d’Antonio di Cecco da Orvieto fossero la stessa persona (le differenze nel modo di scrivere il nome a quell’epoca non erano una rarità). Todini (1989), a cui si rifanno principalmente gli autori delle pubblicazioni all’estero, ha semplicemente ribadito la tesi di Lazarev; Lucco (Lucco in Consigli 1993) non condivide questo parere e fa notare le diversità esistenti tra la maniera pittorica del polittico moscovita e le opere attribuite a Francesco d’Antonio di Cecco. Boskovits (verbalmente, negli anni Ottanta) riferiva la nostra opera alla cerchia di Francescuccio Ghissi, un artista operante nelle Marche, in particolare a Fabriano, e considerato allievo di Allegretto Nuzzi, che subì l’influsso degli artisti fiorentini che lavoravano nelle Marche, in particolare Maso di Banco e Bernardo Daddi. Lo studioso riteneva che Francesco d’Antonio da Ancona fosse in stretto legame artistico con il Ghissi.
A nostro avviso, il raffronto tra il polittico e le opere di Francescuccio Ghissi non conferma questa opinione. Lucco (verbalmente, 1997) indicava una somiglianza stilistica tra il polittico e il gruppo di opere di un artista anonimo, convenzionalmente chiamato Maestro di Sant’Ivo. Secondo la sua opinione, tale circostanza permetterebbe di identificare quest’ultimo con Francesco d’Antonio da Ancona.
Lazarev riteneva che oltre allo stesso Francesco d’Antonio, a quest’opera lavorassero altre due persone, un aiutante che avrebbe dipinto santa Lucia e santa Chiara, e un garzone che avrebbe eseguito le figure degli angeli musici sulle parti in rilievo della composizione sopra gli archetti.
Nella lettura della firma proposta da Lazarev vi sono dei punti dubbi, riguardanti la parola iniziale e la data che conclude la riga superiore. Lazarev interpretava la prima parola come FACIEB, cosa difficilmente sostenibile, perché nelle firme si usava un altro verbo di uguale significato, PINXIT. Considerando le peculiarità della calligrafia della scritta, la prima parola potrebbe essere interpretata come MATER, abbreviazione della parola MAGISTER, cioè «maestro». La divergenza tra le date nelle diverse righe della scritta venivano attribuite da Lazarev al fatto che nella prima riga l’artista non era riuscito a inserire la data per intero. Anche su questo non si può essere d’accordo, perché vi sarebbe ancora posto per inserire delle cifre, mentre si osserva della tinta verde che si sovrappone al colore della banda su cui appare la firma dell’autore. Forse, questo procedimento venne usato ancora in passato allo scopo di attribuire al polittico una datazione più antica, e in effetti il colore dell’aggiunta non si distingue quasi dallo strato pittorico originario. Di conseguenza, la vera data di esecuzione del polittico, rispondente anche al suo stile, va considerata il 1393.
Todini (1989), evidentemente non avendo ben chiaro il carattere e la disposizione della scritta, le diede un’interpretazione errata. L’inizio della scritta, e propriamente FACEB[AT] [FRANCISCVS...] ANNO D[OMINI] MCCCL, a parer suo appartiene a Francescuccio Ghissi, che avrebbe lavorato al polittico nel 1350. Invece, la parte principale del polittico venne secondo lui dipinta successivamente da Francesco d’Antonio da Ancona, e da lui firmata e datata: FRANCISCVS ANTONII DE ANCONA ME PINXI[T] / ANNO DOMINI MILLEXIMO TRECENTEXIМО NONAGEXIMO. Su quest’interpretazione totalmente arbitraria della scritta Todini ha costruito la sua ipotesi di una compartecipazione dei due artisti all’esecuzione dell’opera.
Provenienza: Si trovava presso Izjumov, a Mosca, e da questi passò all’artista Pavlov, Mosca, quindi all’antiquario S.P. Tjunin, Mosca (notizie ricavate dall’inventario del Museo Puškin); nel 1927 venne ceduto dal negozio Detkomissija (Mosca) al Museo Puškin.
Bibliografia: Lazarev 1959, p. 301, nota 345; Lasareff 1971, рp. 12-23, ill.; Todini 1989, р. 70, ill, pp. 507-510; Markova 1992, pp. 67-71, ill.; Lucco in Consigli 1993, p. 32; Cat. Museo Puškin 1995, p. 130, ill.