MAESTRO PISANO DEL TERZO QUARTO DEL XIII SECOLO
MADONNA CON BAMBINO IN TRONO
Il supporto è costituito da una tavola di noce, composta di due pezzi, con la fibra del legno orientata in verticale. La tavola è assottigliata e ritagliata su tutti i lati (originariamente l’icona aveva forse dei bordi).
A tergo si osservano tre doghe orizzontali applicate (posteriori). Il nimbo che circonda il capo della Madonna è contraddistinto da un motivo a rilievo; si osserva la doratura nell’assist delle vesti, come pure nella raffigurazione del trono e delle ali degli angeli. In alcuni punti vi sono lievi lacune dello strato pittorico, colmate nel restauro. È presente uno strato di vernice protettiva scurita e annerita.
L’icona fungeva da pala d’altare. Fin dal XIII secolo la Vergine Maria, assisa in trono come Regina Coeli, diventa una delle tipologie figurative più diffuse nella pittura dell’Italia Centrale. In esse la figura della Madonna è rappresentata frontalmente; sia il tipo figurativo, l’Odigitria, sia la sua iconografia risalgono alla tradizione bizantina. Il tipo dell’Odigitria in trono si diffonde largamente nella pittura italiana del Duecento (Sandberg-Vavalà 1934; Lasareff 1938, pp. 46-65). Il trono della Madonna è assimilato a una struttura architettonica e simboleggia la Chiesa. Le raffigurazioni a busto degli angeli sono tipiche della pittura di Siena e Pisa, a differenza di Firenze, dove gli angeli, di regola, vengono rappresentati a figura intera.
La tavola era considerata opera di un artista bizantino dell’inizio del XIII secolo, poi venne attribuita alla scuola senese dello stesso periodo. Nel Museo Puškin è stata acquisita come opera di scuola pisana della metà del XIII secolo. In un articolo di Chozerov (1924), l’icona era definita un’«opera del primo Rinascimento», dipinta in Toscana, a Pisa o Siena nella prima metà del XIII secolo. Lazarev (Lasareff 1936; Lazarev 1947; Lasarev 1967) la riteneva un dipinto di un maestro pisano, eseguito verso il 1280. Indicando l’icona come una delle opere più bizantineggianti realizzate su suolo italiano, lo studioso insisteva sul fatto che si trattava della «più vicina imitazione dell'originale bizantino». Garrison (1949) spostò la datazione di Lazarev agli anni Ottanta-Novanta. Hager (1962) la attribuì alla scuola pisana, concordando con la datazione di Garrison (anni Ottanta-Novanta); inoltre osservò che il suo schema compositivo risaliva a modelli realizzati a Firenze nel IX secolo. In una successiva pubblicazione, Garrison (1984) avvicinò la composizione moscovita al dipinto del Fogg Art Museum a Cambridge, Massachusets.
Nell’icona moscovita Ragghianti [1955], e successivamente Carli (1958а) fecero notare la rarità della forma a lira del trono, semicoperto da un drappo; questa forma si incontra, in particolare, in due celebri icone di Coppo di Marcovaldo, la cosiddetta Madonna del Bordone del 1261, nella chiesa dei Servi a Sena, e l’Odigitria di Orvieto. Secondo Carli, questo motivo apparve nell’XI secolo negli affreschi delle chiese della Cappadocia. Lo studioso osservò inoltre che il nimbo a rilievo si riscontra nelle opere del fiorentino Coppo di Marcovaldo. Carli ipotizzò che l’arte dell’anonimo autore dell’icona moscovita si fosse sviluppata parallelamente a quella del Maestro di San Martino, esponente di spicco della pittura italiana nel XIII secolo. Apprezzando altamente il livello artistico dell’opera Carli sottolineava il suo legame con la tradizione della «capitale» bizantina («puro, aristocratico bizantinismo metropolitano»).
Tartuferi (1990) avvicinava stilisticamente l’icona del Museo Puškin al dossale del Museo di Pisa proveniente dalla chiesa di San Silvestro (Garrison 1949, n. 433), e alla Madonna di Bagnano (Tartuferi 1990, fig. 118). A nostro avviso, l’icona del Museo Puškin e la Madonna di Bagnano appartengono a maestri diversi. Boskovits (1993) attribusce l’opera del Museo Puškin alla scuola veneziana e la data agli anni Settanta del XIII secolo. È difficile confermare quest’ipotesi, perché lo studio della pittura veneziana del Duecento è ancora agli inizi.
Provenenza: Nel XIX secolo l’opera appartenne ai principi Galickij, poi ai principi Osoveckij; nel 1907 fu acquistata dalla principessa M.K. Teniševa per la chiesa di Talaškino; nel 1908 fu consegnata al Museo di storia ed etnografia di Smolensk (Allora Museo del Governatorato); dal 1925 si trova al Museo Puškin.
Mostre: 1964 Leningrado. Cat. pp. 32-33 (Modello di maniera bizantina), 1975 Mosca-Leningrado. Cat. 1977, III, p. 889, ill. (Maestro toscano, prima metà del XIII sec.).
Bibliografia: Chozerov 1924, pp. 89-102, tav. XVIII-XIX (Maestro toscano della prima metà del XIII secolo); Romanov 1926, pp. 1-2, ill. (XIII secolo. Modello di maniera bizantina); Lasareff 1936, рp. 61, 62, 68, ill. (Maestro pisano, 1280 circa); Lasareff 1938, р. 64, nota 196, fig. 49 (qui e di seguito, Maestro pisano, 1280 circa); Lazarev 1947, p. 200; Garrison р. 44, n. 20 (qui e di seguito, Maestro pisano); Ragghianti [1955], р. 47; Carli 1958а, рp. 56, 58, 73, tav. 85; Hager 1962, p. 134, tav. 184; Lasarev 1967, р. 325, tav. 448 (Maestro pisano, 1280 circa); Garrison 1984, I, р. 214, nota 14; Tartuferi 1990, рp. 39, 53, n. 13, fig. 119 (Maestro pisano); Teniševa 1991, pp. 181-182; Marova 1992, pp. 35-37, ill. (Maestro pisano del terzo quarto del XIII secolo); Boskovits 1993, р. 134, n. В 8, nn. 138, 284 (Scuola veneziana, 1270-1280 circa); Cat. Museo Puškin 1995, p. 112, ill. (Maestro pisano del terzo quarto del XIII secolo).