TESTA DI MADONNA
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MAESTRO ROMANO, PRIMA METÀ DEL XIII SECOLO

TESTA DI MADONNA

Prima metà del XIII secolo

smalto su pietra

72,5 x 62,9 cm

Inv.: 2858

È un frammento di composizione musiva, a cui fin dall’inizio del XVII secolo fu conferito l’aspetto di un’opera da cavalletto. Nel XIX secolo il mosaico venne rimontato in una cornice di legno che si è conservata fino alle operazioni di restauro del 1986. In molte zone, nel periodo dal XVII al XIX secolo, furono inserite nuove tessere musive, soprattutto nel fondo; si osservano  rifacimenti nell’omophorion; la croce sull’omphorion e la stella sulla spalla sono probabilmente posteriori (forse aggiunte sulla base dei vecchi disegni). Le parti meglio conservate sono il volto e il collo della Madonna, ad eccezione di una caduta di tessere nella zona del mento e a fianco della bocca (in quest’ultima fuono inserite successivamente tessere di vetro rosso). L’autenticità di questi frammenti di mosaico è confermata dal fatto che nel processo di asportazione dello strato di cemento posteriore, proprio qui è stato rilevato lo strato originario di intonaco di calce bianca.

Restauro: 1986 (Museo Puškin, T.A. Koch), il mosaico è stato ripulito da aggiunte di gesso, calce, cemento, e montato su un pannello di materiale espanso con larghi bordi (i frammenti di intonaco originario sono stati conservati); le tessere cadute sono state fissate e ripulite.

Negli inventari della collezione del cardinal Benedetto Giustiniani, e poi di suo fratello marchese Vincenzo Giustiniani, della prima metà del XVII secolo, si indica che il frammento proveniva dalla vecchia basilica di San Pietro. Nel Museo Rumjancev, insieme ad altri due mosaici della collezione Sevast’janov (cfr. cat. n. 20 e 30), era considerato un frammento della Natività e attribuito all’«epoca della fioritura di questo genere artistico, il X-XI secolo». Al Museo Puškin è pervenuto come mosaico romano di stile bizantinegginte del XII-XIII secolo.

L’opera era stata stata acquistata da Sevast’janov a Roma, dall’antiquario Bonicho in via di Ripetta, 192 (nella pubblicazione della Etingof il nome dell’antiquario è stato riportato in maniera erronea, come Bonieno; cfr. Etinhof 1991). In tutto Sevast’janov acquistò quattro mosaici, che nel 1924, alla chiusura del Museo Rumjancev, passarono al Museo Storico; successivamente al Museo Puškin pervennero tre opere; la collocazione del quarto mosaico, raffigurante Cristo, è ignota. Nei diari di Sevast’janov esiste un piccolo schizzo, che riporta la disposizione dei quattro mosaici sulla parete della galleria dell’antiquario Bonicho: le tre opere del Museo Puškin erano in alto, e sotto c’era la quarta, di dimensioni un po’ più grandi e di formato orizzontale. Le casse contenenti i mosaici furono trasportate da Roma a Mosca a cura dell’agente di trasporti  Fabbri.

Le grandi dimensioni della testa della Madonna, sottolineate dalle ampie pieghe del maphorion, indicano il carattere monumentale della raffigurazione, che doveva superare le misure della statura umana. Andaloro (in Fragmenta Picta, 1989a) è stata la prima ad attribuire il frammento del Museo Puškin alla composizione musiva Vergine della Deesis campita, nella parte superiore della facciata della vecchia basilica vaticana di San Pietro, eseguita su commissione di papa Gregorio IX (21-3-1227 – 22-8-1241). Al parere di Andaloro si sono associate Etingof (Etinhof 1991) e Danesi Squarzina (1999), mentre Boskovits (1993) si è espresso negativamente.

Il protonotario apostolico Giacomo Grimaldi, per disposizione di papa Paolo VI Borghese (1605-1621), all’inizio del XVII secolo fissò in descrizioni e disegni il trasferimento di reliquie, altari e opere d’arte, avvenuto in relazione alla demolizione della vecchia basilica e alla costruzione del nuovo tempio di San Pietro. Nel 1620 questi materiali furono organizzati in un codice di disegni, Instrumenta autentica (Vaticano, Biblioteca Apostolica, Archivio di San Pietro; Grimaldi 1972, р. 44, fig. 7). Tra gli altri cardinali, ai lavori di smantellamento della vecchia basilica di San Pietro e di edificazione della nuova, sovrintendettero Francesco Maria del Monte e Benedetto Giustiniani. Proprio della collezione del cardinal Benedetto Giustiniani, come si evince dal suo inventario, entrarono a far parte alcuni frammenti dei mosaici e degli affreschi dell’antica basilica, tra cui, come ha ben dimostrato Danesi Squarzina (1999), i tre frammenti del Museo Puškin.  In quanto opere di particolare valore, vennero collocati nello studio del cardinale. Dal cardinal Benedetto Giustiniani essi passarono per lascito testamentario alla collezione del suo fratello minore, il marchese Vincenzo Giustiniani, uno dei potenti protettori del Caravaggio.

Il frammento raffigurante la testa di Madonna figura negli inventari della collezione di Benedetto Giustiniani del 1621, 1638 e 1649 (Danesi Squarzina 1999). Nel primo inventario il mosaico è semplicemente menzionato (1621, n. 159): «Quadro della Madonna de musaico grosso dentro a un telaro di legno», mentre nel secondo, riferito all’epoca in cui la collezione passò in eredità a Vincenzo Giustiniani, sono già indicate le misure e la provenienza (1638, II, n. 238): «Un quadro grande con una testa della Madonna di musaico antico della Fabrica vecchia di S. Pietro serrata fra 4 regoli di legno che servono per cornici alt. pal. 4 larg. 3½». Nell’ultimo inventario il frammento viene citato insieme agli altri due, attualmente al Museo Puškin (1649, n. 92-94): «Tre quadri in muro е in musaico uno piu grande figura della Madonna l'altro due figure, № 3». I mosaici restarono per lungo tempo nella famiglia Giustiniani, come testimonia l’inventario del 1793, dove il frammento raffigurante la testa di Madonna viene denominato «Beatissima Vergine con una Stella sopra di una spalla, di musaico ordinario...»; Danesi Squarzina 1999, p. 1193).

Oltre alla descrizione di Grimaldi, una fonte importante per identificare la composizione originaria da cui proviene il frammento è un affresco di Cimabue, nella chiesa superiore di San Francesco ad Assisi. Nella composizione raffigurante l’Evangelista Marco viene rappresentato un panorama della città di Roma con la facciata della basilica di San Pietro, decorata dal mosaico di Gregorio IX. Da un’iscrizione visibile sull’affresco (Ytalia), il frammento ha preso il nome di Italia. Al centro della composizione è raffigurato Cristo, a sinistra appare la Madonna e a destra lo stesso papa Gregorio IX (Andaloro 1984, рp. 155-156, fig. 12, 13). È così possibile identificare il frammento della collezione del Museo Puškin, in cui è facile riconoscere la caratteristica inclinazione del capo della Madre di Dio.

Come sostiene Andaloro, l’altro frammento di questa composizione musiva, raffigurante papa Gregorio IX, si trova nel Museo di Palazzo Altemps a Roma. Secondo Boskovits (verbalmente, 1997), questa ricostruzione non è abbastanza convincente. In una precedente pubblicazione (Boskovits 1993) lo studioso si limitava alla generica definizione di «Artista romano del XIII secolo», indicando nel contempo la sua somiglianza con un frammento di mosaico della basilica di San Paolo fuori le Mura, attualmente custodito in Vaticano.

Il ciclo di mosaici di San Paolo è una delle opere più importanti della pittura del primo Duecento a Roma. Alla sua esecuzione parteciparono botteghe di mosaicisti veneziani, che in precedenza avevano lavorato a San Marco a Venezia. Nello stesso periodo a Roma si trovavano anche mosaicisti provenienti dalla Sicilia, che vi avevano portato a termine la decorazione del duomo di Monreale. Intorno all’anno 1200, durante il pontificato di Innocenzo III (22-2-1198 – 16-7-1216), i maestri siciliani vennero ingaggiati per restaurare i mosaici della vecchia basilica di San Pietro. Non c’è dubbio che con il passar del tempo essi lavorassero anche all’esecuzione della composizione sulla facciata della basilica, la cui decorazione venne intrapresa per iniziativa di papa Gregorio IX.

Provenienza: Dall’inizio del XVII secolo fino al 1638 si trovava nella collezione del cardinal Benedetto Giustiniani, poi del marchese Vincenzo Giustiniani a Roma; fino alla metà del XIX secolo restò probabilmente di proprietà della famiglia Giustiniani, da cui passò all’antiquario Bonicho a Roma; questi lo cedette nel 1863 a P.I. Sevast’janov; dono di Sevast’janov (Mosca) al Museo Rumjancev (inv. MPRM n. 305); nel 1924 passò al Museo Storico; dal 1932 si trova al Museo Puškin.

Materiali d’archivio: Archivio Sevast’janov 1863, f. 9, 36-37 (frammento di composizione della Natività, X-XI secolo).

Mostre: 1975 Mosca-Leningrado, Cat. 1977, III, n. 888, ill. (Italia, XIII secolo; le notizie sulla provenienza dell’opera sono imprecisate).

Bibliografia: Relazione del Museo Rumjnacev 1864, pp. 101-102 (qui e di seguito, mosaico del X-XI secolo); Cat. Rumjancev, Sezione Antichità 1906, p. 9; Dolgov 1913, pp. 187-188; Koch 1986, pp. 47-49 (mosaico bizantino del XIII secolo); Andaloro, in Fragmenta Picta, 1989a, pp. 139-140, ill. (qui e di seguito, mosaico romano del XIII secolo); Etinhof 1991, рp. 30-33, nota 37, tav. IVc, fig. 2-3; Boskovits 1993, p. 69, n.138 (Maestro romano del XIII secolo; simile al mosaico di San Paolo fuori le Mura, attualmente in Vaticano); Danesi Squarzina 1999, pp. 1189-1190, 1193, 1196, fig. 4.

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