SEGNA DI BONAVENTURA
CROCIFISSO
Sulla parte inferiore della croce si legge: НОС 0[PU]S PI/NXIT SEGNA/SENENSIS.
La croce è composta di tavole intere di pioppo dello spessore di 30 mm, con la fibra del legno orientata secondo il verso della lunghezza delle medesime, rifilate alle estremità. La tela è presente su tutta la superficie. La traversa orizzontale è incastrata a tergo nella traversa verticale. Il capo di Cristo è contornato da un nimbo applicato. In basso, sotto i piedi di Cristo, una zona del supporto di legno che coincide in parte con la firma dell’artista, presenta bruciature dovute a fiamma di candele. Vi sono lacune dello strato pittorico e della base di gesso lungo il contorno della figura, soprattutto nei punti dove la tavola è stata segata. Sono dorati il nimbo attorno alla testa di Cristo e la fascia che profila la croce. Cfr. Appendice al catalogo.
Restauro: 1988 (Museo Puškin, V.N. Zinov’eva, G.G. Karlsen), sono stati asportati la patina di vernice posteriore scurita e sporca e i ritocchi dovuti a restauro, che avevano mutato tonalità. Le lacune più estese della pittura originaria non sono state colmate durante il restauro; le parti messe a nudo del supporto e della tela sono state ritoccate con un colore neutro, assimilabile a quello della base di gesso.
La morte di Cristo in croce è un’immagine centrale nell’arte cristiana (Mt 27,33-56; Mc 15,22-41; Lc 23,33-49; Gv 19,17-37). La raffigurazione del Crocifisso non si incontra prima del VI secolo, e la sua tipologia nel corso del tempo subisce trasformazioni sostanziali. A partire dal XIII secolo nella pittura dell’Italia Centrale si diffondono ampiamente crocifissi di dimensioni monumentali. Di regola, negli interni delle chiese venivano appesi liberamente nella zona sovrastante il presbiterio. Nel Crocifisso della collezione del Museo Puškin i piedi di Cristo sono fissati alla croce da un unico chiodo anziché due, com’era tipico dei crocifissi di epoca romanica. Questo mutamento nell’iconografia proviene dall’influsso della tradizione gotica. Al Crocifisso del Museo Puškin è apposta la firma di Segna di Bonaventura, artista di spicco a Siena nel primo terzo del XIV secolo, ed è un’opera rarissima nella pittura italiana del suo tempo.
L’opera non ci è pervenuta nel suo aspetto originario. Alla fine del XIX secolo venne sottoposta a ridipinture e alcune sue parti andarono perdute. Di conseguenza, nel suo stato attuale l’opera non corrisponde alla tipologia dei crocifissi dipinti del XIV secolo. La figura di Cristo non era ritagliata lungo il contorno, come nel dipinto moscovita, ma si inseriva in una superficie formata dall’allargarsi della traversa verticale della croce; tale superficie generalmente veniva decorata con elementi geometrici e incisioni, e più raramente presentava raffigurazioni, in particolare scene della Passione e Resurrezione. Inoltre, agli angoli e alle estremità della traversa orizzontale, generalmente apparivano le raffigurazioni del Pantocratore, della Vergine Maria e di Giovanni Evangelista. Con ogni probabilità, in origine esse erano presenti anche nella nostra opera, ma poi andarono perdute. Per quanto riguarda la pittura, ad eccezione di singole lacune è in buono stato di conservazione ed offre un esempio compiuto della tecnica di lavoro dei pittori italiani dell’epoca. Segna di Bonaventura segue qui la tecnica, i cui segreti sono riportati nel trattato di pittura di Cennino Cennini, scritto fra il XIV e il XV secolo (Cennino Cennini 1933, pp. 99-101).
Segna di Bonaventura è il più noto e geniale dei discepoli di Duccio di Buoninsegna, nella cui bottega, secondo l’ipotesi formulata da Stubblebine (1979, I, p. 130), l’artista avrebbe lavorato dal 1310 al 1312. In seguito egli diresse una propria bottega, ed ebbe allievi e seguaci. Secondo Carli (1981, р. 72), alla fine della sua carriera artistica Segna divenne l’espressione della cosiddetta tendenza accademica, all’interno della cerchia degli artisti legati a Duccio. Nell’arte di Segna lasciarono un’impronta anche i nuovi orientamenti portati dalla giovane generazione dei pittori senesi: Simone Martini, Ugolino da Siena, Pietro Lorenzetti.
Oltre al Crocifisso del Museo Puškin, conosciamo tre opere firmate da Segna. Si tratta della grande composizione della Maestà nella Collegiata di San Gimignano a Castiglion Fiorentino (Stubblebine 1979, II, tav. 320); di quattro scomparti di un polittico ora smembrato, tre dei quali (Madonna con Bambino, San Benedetto e San Silvestro) si trovano al Metropolitan Museum di New York (Stubblebine 1979, II, tav. 325), e uno (San Giovanni Battista) al Museo San Francesco ad Assisi (Stubblebine 1979, II, tav. 327); e inoltre di quattro tavole appartenenti a un altro polittico (San Paolo, Madonna, Giovanni Evangelista e San Romualdo), alla Pinacoteca Nazionale di Siena (inv. 40; Torriti 1977, рp. 69-70, fig. 58-60; Stubblebine 1979, II, tav. 311). Nelle prime due opere citate la firma dell’artista coincide pienamente con la firma apposta al Crocifisso del Museo Puškin, mentre nel polittico di Siena appare in un’altra variante, abbreviata: SEGNA ME FECIT.
Il gruppo di opere attualmente collegate al nome di Segna non è grande, e la cronologia della sua attività suscita dibattiti per la mancanza di opere datate. Fanno eccezione solo il grande Crocifisso della Badia delle Sante Flora e Lucilla ad Arezzo (Stubblebine 1979, II, tav. 315), che, secondo i documenti, fu dipinto nel luglio 1319.
Al pennello di Segna viene attribuito più di un Crocifisso, ma solo quello moscovita è firmato. Lionello Venturi, che è stato il primo a pubblicarlo (Venturi 1912; L. Venturi 1913) ha proposto una datazione abbastanza arretrata, ipotizzando che fosse stato dipinto prima della Maestà di Duccio di Buoninsegna (1308-1311; Museo del Duomo a Siena). Brandi (1951) lo datava al 1310 circa, cioè esattamente al periodo del lavoro sulla Maestà. Andreeva-Šilejko (Andreyeff 1925; Andreeva 1926), al contrario, attribuiva l’opera al periodo senile dell’attività di Segna, dopo il 1319. Quest’opinione venne condivisa molti anni dopo anche da Carli (1955). Attualmente nella bibliografia la datazione accettata è quella tra il 1310 e il 1315. Tuttavia lo stile del Crocifisso moscovita, contrassegnato dall’influsso di Simone Martini, permette di supporre che fosse stato dipinto più tardi.
La caratteristica maniera pittorica avvicina il Crocifisso della collezione del Museo Puškin a quello della chiesa di San Francesco a Pienza, che Stubblebine (1979, II, tav. 349) escludeva dal gruppo delle opere di Segna, indicandone l’autore con un nome convenzionale, il Maestro delle Croci di Pienza (Pienza Cross Master). Padovani (1979a, pp. 34-45), al contrario, ritiene giustamente che l’opera di Pienza, come pure l’intero gruppo di dipinti ad essa affini, appartengano allo stesso Segna (cfr. anche Markova 1994b).
Provenienza: Il Crocifisso venne acquistato nel primo decennio del XX secolo da M.S. Ščekin in Italia; nel 1909 è stato donato da Ščekin.
Materiali d’archivio: Inventario della collezione Ščekin 1909, f.1, n. 9; Inventario del Museo di Belle Arti 1900-1924, II, n. 1800.
Mostre: 1989 Mosca, Cat., pp. 100-101, n. 43, ill.; 1994-1995 Mosca, senza catalogo.
Bibliografia: Venturi 1912, p. 4; L. Venturi 1912, р. 124; L. Venturi 1913, рp. 107-108, tav. XVIII; Guida del museo 1917, p. 117, n. 3; Andreyeff 1925, рp. 151-160, ill.; Andreeva 1926, pp. 71, 73-76, tav. XV; Weigelt 1930, p. 75; Berenson 1932, p. 524; Berenson 1936, p. 450; Bacci 1939, p. 13; Brandi 1951, p. 151; Carli 1955, p. 54; Lazarev 1959, p. 284; Musée de Moscou 1963, pp. 34-35, ill.; Berenson 1968, I, p. 393; Stubblebine 1972, pp. 272, 276-280; Dizionario Bolaffi X, p. 254; Demskaja 1979, p. 160; Stubblebine 1979, I, pp. 132, 133, 146, II, tav. 313; Leoncini 1986, р. 657; Markova 1992, p. 48, ill.; Markova 1992, рp. 29, 31; Markova 1994b, pp. 30-34, ill.; Cat. Museo Puškin 1995, p. 121, ill.; Markova 1995, pp. 187, 197; Markova 2000, pp. 207-217.