MAESTRO VENEZIANO DELLA FINE XIII - INIZIO XIV SECOLO
FLAGELLAZIONE DI CRISTO
Frammento di una pala d’altare. Il supporto è una tavola di pioppo senza giunture, dello spessore di 15 mm. Sul nimbo di Cristo si osserva un austero motivo ornamentale inciso. La doratura del fondo si è conservata frammentariamente; si evidenziano notevoli lacune nella raffigurazione delle figure. A tergo, a destra in alto, vi sono tracce di un’etichetta di carta (probabilmente, analoga a quella conservatasi a tergo della composizione in pendant).
È in coppia con l’opera inv. 262 (cat. 5).
Il secondo episodio, la Flagellazione di Cristo, precede la salita al Calvario (Mt 27,26; Mc 15,15; Lc 23,16-22; Gv 19,1-3), ed ebbe diffusione di gran lunga più ampia nella pittura italiana. Tradizionalmente Cristo è raffigurato legato alla colonna.
Nella collezione Ščekin entrambi i frammenti erano datati alla metà del XIII secolo e indicati nell'inventario come «esempio di raffinata maniera latina». Nel registro inventario del Museo Puškin sono attribuiti a un anonimo di scuola italiana del XIII secolo (qui la tecnica di realizzazione delle due opere è erroneamente definita come «encausto, con una mano di vernice»).
I due piccoli frammenti pittorici facevano originariamente parte di una pala d’altare, forse di un dossale con le scene della Passione (per analogia alla Maestà di Duccio). Andreeva-Šilejko (Andreyeff 1926) li attribuiva al periodo giovanile di Giunta Pisano, ipotizzando che fungessero da terminazioni della traversa orizzontale di una croce. Sandberg-Vavalà (s.a.), rifacendosi all’attribuzione di Andreeva-Šilejko, esprimeva la convinzione che appartenessero alla scuola pisana. Garrison (1949) fu il primo a collegarli alla scuola veneziana del primo quarto del XIV secolo e ad inserirli nel gruppo delle opere del maestro della Madonna Zara, da lui delineato; quest’attribuzione era sostenuta anche da Gamulin (1971). Lazarev (Lasareff 1965) li pubblicò come opere tipiche della maniera greca, dipinte a Venezia nel periodo di transizione dal XIII al XIV secolo. Nel contempo, sottolineò il loro nesso con la tradizione della pittura toscana, citando e in qualità di analogia il trittico che in passato si trovava nella collezione Stockel di Bruxelles (Garrison 1949, n. 300).
Va osservata l’analogia stilistica dei frammenti del Museo Puškin con il cosiddetto Trittico di Santa Chiara del Museo statale di Trieste (Travi 1992, рp. 81-96), che dà il nome all’artista anonimo, conosciuto in storia dell’arte come Maestro del Trittico di Santa Chiara.
Provenienza: Nel primo decennio del Novecento furono acquistati in Italia da M.S. Ščekin; nel 1909 furono donati da Ščekin (rubati al museo il 24 aprile 1927, vi fecero ritorno l’11 maggio 1928).
Materiali d’archivio: Inventario della collezione Ščekin 1909, f. 3, n. 41-42 (prima del 1250); Inventario del Museo di Belle Arti 1900-1924, II, n. 1764 (Maestro italiano pregiottesco. Due parti della predella).
Bibliografia: Andreyeff 1926, рp. 172-174, ill. (Giunta Pisano); Sandberg-Vavalà s.a., pp. 691, 925 (Scuola di Giunta Pisano); Garrison 1949, n. 677-678 (Scuola veneziana, gruppo del Maestro della Madonna Zara); Lasareff 1965, рp. 21-23, ill. (Maestro veneziano del XIII-XIV secolo); Gamulin 1971, рp. 19-21, fig. 21 (Maestro della Madonna Zara); Cat. Museo Puškin 1986, p. 41 (Maestro veneziano (?) della fine del XIII secolo); Markova 1992, рp. 29-31 (qui e di seguito, Maestro veneziano della fine XIII-inizio XIV secolo); Markova 1992, pp. 44-45, ill.